Papa Francesco e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni insieme in nome della famiglia. Agli Stati generali della natalità il pontefice e la premier salgono insieme sul palco anche se i vocabolari – a ben vedere – sembrano un po’ diversi. Da una parte la capa del governo che insiste sugli argomenti più cari alla sua parte parte politica e ai suoi perni ideologici: “Vogliamo una nazione nella quale non sia un tabù dire che la maternità non è in vendita, che gli uteri non si affittano, che i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere sullo scaffale come al supermercato e magari restituire se poi il prodotto non corrisponde a quello che ti aspettavi. Vogliamo ripartire dal rispetto della dignità, dell’unicità e dalla sacralità di ogni essere umano”. E che “vogliamo una nazione nella quale non sia più scandaloso dire che qualsiasi siano le legittime, libere scelte e inclinazioni di ciascuno, siamo tutti nati da un uomo e da una donna“. Dall’altra Bergoglio che ricorda che “ridare impulso alla natalità vuol dire riparare le forme di esclusione sociale che stanno colpendo i giovani e il loro futuro. Ed è un servizio per tutti: i figli non sono beni individuali, ma persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale”.

Non sono discorsi contrapposti, sia chiaro. Dal punto di vista politico, d’altra parte, è su questi temi che Francesco si avvicina a governi “sovranisti”. Era già successo nella visita in Ungheria, con Viktor Orbàn. Per esempio Francesco alza la voce contro “una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia”. Per altro verso il pontefice ha ribadito che viviamo in una crisi dalla quale possiamo uscire solo se c’è solidarietà. “La signora primo ministro – ha detto il Papa riferendosi all’intervento di Meloni – ha parlato della crisi, parola chiave. Ma ricordiamo due cose della crisi: dalla crisi non si esce da soli. O usciamo tutti o non usciamo. E dalla crisi non si esce uguali: o usciremo migliori o peggio”. Anzi, ha ricordato: “La natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno”.

Gancio che Meloni ha subito colto per commentare che “la crisi richiede quel tipico lavoro di setaccio che pulisce il chicco di grano dopo la mietitura, che consente di scegliere separando, di eliminare le scorie ed è la condizione necessaria che poi permette al chicco di grano di essere macinato e diventare farina e pane. Io la trovo una metafora pontentissima, Santità. Che ci dice che dove non c’è vita, non c’è rinascita“. E per rinascere servono “l’ottimismo, l’entusiasmo e la positività”, che sono “la più potente benzina che si può mettere nel motore di qualsiasi società”. Qualcosa di più concreto? “Vogliamo mantenere il fringe benefit a 3mila euro dando priorità a chi ha figli a carico”. E sono già stati messi a segno, ha rivendicato Meloni, “aumento dell’assegno unico“, “rafforzamento del congedo parentale“, “diritto a convertire in tasso fisso il tasso variabile del mutuo” e le novità in tema di lavoro “come l’assegno di inclusione”. Ovvero il colpo di spugna sul reddito di cittadinanza.

Infine il Papa ha rispolverato uno degli usuali aneddoti su chi “preferisce” gli animali domestici ai bambini: in Piazza San Pietro, nel corso dell’udienza del mercoledì, una donna gli si è avvicinata e gli ha chiesto: “Lo benedice il mio bambino?” mostrandogli il proprio cane. Il Pontefice ha raccontato: “Non ho avuto pazienza e ho sgridato la signora”, dicendole “Tanti bambini hanno fame e lei col cagnolino”. Bergoglio ha sottolineato che queste “sono scene del presente” ma bisogna stare attenti perché potrebbero diventare “l’abitudine del futuro”.

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