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Gabriele Muccino: “Non faccio né il sociologo né lo psicanalista ma aver vissuto tante vite mi fa dire che non esistono famiglie felici”

Nel presentare la seconda stagione della serie tratta dal suo film, A casa tutti bene, dal 5 maggio su Sky, il regista romano ha rilasciato diverse dichiarazioni alla stampa tra cui il (solito) ragionamento distruttivo rispetto al concetto di “famiglia”

di Davide Turrini

“Le famiglie felici non esistono”. Parola di Gabriele Muccino. Nel presentare la seconda stagione della serie tratta dal suo film, A casa tutti bene, dal 5 maggio su Sky, il regista romano ha rilasciato diverse dichiarazioni alla stampa tra cui il (solito) ragionamento distruttivo rispetto al concetto di “famiglia”. Concetto del resto sempre desunto da quasi tutti i suoi film (Ricordati di me e L’ultimo bacio, of course) che l’hanno portato, tra l’altro, a battere record su record al box office e a diventare indiscussa figura popolare del mondo cinematografico italiano. “Non faccio né il sociologo né lo psicanalista. Ho le stesse esperienze di tutti. Ho letto libri, visto tanti film, vissuto anche tante vite facendo i film e tutto questo mi fa desumere che le famiglie felici non esistono”, ha spiegato a Libero.

Muccino si è definito più “libero” lavorando per una serie di esplorare zone d’ombra dell’animo umano proprio perché non aveva la pressione di dover scrivere e girare un film per macinare incassi. “Io cerco la vibrazione che però si porta dentro il caos fino a farti perdere quasi il controllo di te stesso”, ha continuato; “questa volta avevo evidentemente una scatola nera nel mio subconscio che voleva entrare nell’abisso e la televisione, privandomi dello stress di portare le persone al cinema, mi ha messo nelle condizioni di rimuovere quella parte di me che mi limitava nell’esplorare l’animo umano e mi portava a non raccontare cose anche più spiacevoli o provocatorie dal punto di vista morale”.

Il regista romano che ebbe nei primi anni duemila anche un fulminante e riconosciuta carriera ad Hollywood è tornato a parlare proprio dei suoi due titoli più celebri: “tracciando una linea e riguardando da fuori alcuni miei film, ci si accorge di come l’orizzonte tra L’ultimo bacio, girato prima dell’11 settembre e Ricordati di me che è successivo, si sia chiuso. I ragazzi de L’ultimo bacio erano divoratori di vita, ancora pronti a credere che la fuga fosse necessaria. In Ricordati di me invece l’ipocrisia è sovrana. Si cerca di apparire più che di essere. Era già il ritratto di una paura che ci è arrivata addosso e non ci siamo più scrollati”.

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