L’aria è ferma. C’è il silenzio e i suoi rumori. Poi lancinante il lamento e il pianto. È il dolore trattenuto, acuto, inconsolabile che esplode dirompente. È una ferita aperta, non si rimargina, non si può rimarginare. Sofferenza che si aggiunge ad altra sofferenza pervade, invade. Ore 16 e 32 del 5 aprile 2023 da pochi minuti nell’aula 116 della seconda sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Napoli, il presidente della giuria Concetta Cristiano ha pronunciato la sentenza di condanna a 23 anni di carcere per i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella, e Francesco e Antonio Cirillo, padre e figlio, quest’ultimo reo confesso, per l’omicidio di Maurizio Cerrato, il custode 61enne degli scavi di Pompei ucciso a Torre Annunziata, davanti alla figlia, con una coltellata al cuore, la sera del 19 aprile 2021, dopo una lite per un parcheggio. L’accusa sostenuta dalla pm Giuliana Moccia della Procura di Torre Annunziata aveva chiesto la pena di quattro ergastoli.

Rabbia e disperazione dei familiari e amici di Maurizio si sfoga a porte chiuse in un piccolo corridoio di passaggio del Tribunale di Napoli. “Non è giusto. Maurizio è morto perché la sua vita l’ha spesa per far rispettare i diritti. Questa non è giustizia. Non voglio che un giorno i miei figli possano incontrare gli assassini del padre”. È Tania Sorrentino, la moglie di Maurizio, che con la figlia Maria Adriana e il sostegno, non solo professionale, dell’avvocato Giovanni Verdoliva, in questi lunghi e complicati mesi, hanno attraversato il deserto di un processo difficile, sentendo addosso il fiato sul collo di una città come Torre Annunziata che resta Fort Apache, dove tanto per non cambiare l’amministrazione comunale è stata sciolta per l’ennesima volta per camorra.

È un anniversario difficile da celebrare nella chiesa della SS. Trinità di via Gino Alfani a Torre Annunziata quando quel 19 aprile di due anni fa una persona perbene è stata brutalmente ammazzata per aver difeso la figlia che si era ‘permessa’ di spostare da una strada pubblica una sedia reggi posto e sostare per pochi minuti la propria auto. Un vero affronto. Un codice di malavita violato. Una mancanza di rispetto verso il blasone criminale. Oggi finalmente in via IV novembre, la maledetta strada di Torre Annunziata, dove abitano alcuni mammasantissimi, sono stati installati dei paletti anti parcheggio. Non è stata la politica, il sindaco, gli assessori, i consiglieri – mandati a casa per essere contigui ai clan – ma i commissari prefettizi.

“Quel suo cuore però continua a battere in tutti noi. In questi due anni abbiamo fatto un lungo e doloroso cammino dove con grande delusione ci siamo resi conto che le nostre vie non coincidono sempre con quelle del Signore. A Torre Annunziata c’è troppo sangue versato, troppe sofferenze, troppo dolore. Un elenco infinito di vittime innocenti. Chiedere giustizia significa riconoscere un proprio diritto. Qualsiasi sentenza, anche del tribunale più giusto, non sarebbe in grado di fare giustizia. Questa situazione non ci deve fare perdere la fiducia e la speranza”.

Don Ciro Cozzolino mentre pronuncia l’omelia, guarda i volti di Tania, Maria Adriana e della piccola Andrea ma anche quelli di Marianna Colantuono, il cui figlio Giovanni Guarino quasi 19enne, è stato trucidato con un fendente al cuore durante una lite al Luna Park di Torre del Greco, lo scorso 10 aprile 2022. E poi Marianna Morione, vedova di Antonio, 41 anni per sempre, ucciso a pistolettate il 23 dicembre 2021, nel corso di una rapina nel suo negozio di pescivendolo a Boscoreale. E c’è anche Anna Gaeta, il cui marito Patrizio Falcone, 42 anni, è stato aggredito e ucciso a coltellate sotto casa il 23 maggio di tre anni fa.

A volte è difficile trovarle le parole di fronte a tanto male e alla sua banalità. Restano i gesti, piccoli ma grandi come liberare in cielo delle lanterne che per pochi minuti hanno sovrastato il cielo di Torre Annunziata per ricordare Maurizio, Giovanni, Antonio, Patrizio e le tante, troppe vittime di una assurda guerra che in molti fingono di non vedere. Una luce, tante luci per illuminare anche il buio delle coscienze.