Cambiare tutto per non cambiare quasi nulla in termini di spesa per lo Stato. Ma raggiungendo l’obiettivo dichiarato di peggiorare il trattamento riservato ai percettori potenzialmente occupabili per costringerli ad accettare qualsiasi tipo di occupazione. È questo, stando alle anticipazioni di Messaggero e Sole 24 Ore, il punto di caduta degli annunci del governo Meloni sull‘abolizione del reddito di cittadinanza. Dal prossimo anno, in base alle bozze del decreto Lavoro che sarà esaminato in uno dei prossimi consigli dei ministri, la misura non sarà sostituita dalla Mia di cui si era parlato a marzo ma si sdoppierà in due: da un lato la Garanzia per l’Inclusione (in sigla Gil), con valore massimo uguale al rdc attuale, per chi vive in un nucleo familiare con minori, over 60 o disabili e dunque è ritenuto “non occupabile”, dall’altro la molto meno generosa Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal) per chi è in grado di lavorare. Visto che il rdc termina a luglio 2023, nel periodo transitorio gli occupabili potranno poi chiedere la Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal), che si esaurirà a fine anno.

Ma il costo degli interventi, il primo anno, sarà praticamente identico alla spesa sostenuta per il rdc fino a prima dell’esplosione della povertà con la pandemia: 7,3 miliardi di cui 5,3 per la Gil e 2 per la Gal. Nel 2020 il rdc ha assorbito 7,1 miliardi, saliti poi a 8,7 nel 2021 e assestati a 7,9 nel 2022. Questo perché le modifiche, complice anche l’obbligato dimezzamento degli anni di residenza in Italia richiesti agli stranieri (il requisito attuale ci è costato una procedura di infrazione europea), porterebbero a una platea di beneficiari, il primo anno, di circa 1,1 milioni di nuclei: un forte calo rispetto agli 1,5 milioni del 2022 ma del tutto in linea con la tendenza registrata nei primi mesi del 2023. Gli enormi risparmi promessi agli elettori di destra sono dunque rimandati al 2025, quando – in base alle bozze del provvedimento – gli occupabili non avranno più diritto ad alcun aiuto. L’idea, espressa a più riprese da diversi esponenti della maggioranza, è quella che dovranno trovarsi un lavoro purchessia. E per “incoraggiarli”, secondo Il Messaggero, verrà confermato il maldestro tentativo fatto lo scorso dicembre di eliminare di fatto il concetto di offerta congrua il cui rifiuto comporta la perdita del sussidio: il percettore dovrà accettare un posto ovunque sia purché di durata superiore a un mese e con retribuzione non inferiore ai minimi previsti dai contratti collettivi.

La Gil – Potranno chiederla le famiglie con minori, un disabile, un over 60 o una persona con assegno per invalidità civile anche temporaneo. Spetterà solo a chi ha Isee non superiore a 7.200 euro contro la soglia attuale di 9.360. Gli altri paletti saranno un patrimonio immobiliare (esclusa la casa di abitazione fino a un valore di 150mila euro) non oltre i 30mila euro e conti correnti non superiori a 10mila euro, gli stessi valori previsti per il rdc. La scala di equivalenza per tener conto degli altri componenti della famiglia viene resa ancora meno generosa perché i parametri di moltiplicazione per i figli scendono da 0,2 a 0,15 per i primi due e 0,1 oltre il secondo, ma nel frattempo è entrato in vigore l‘assegno unico per i figli che stando al Def sarà aumentato. Per riceverlo basteranno 5 anni di residenza in Italia: la metà rispetto al requisito attuale. I 500 euro, integrabili con la quota affitto, saranno erogati per un massimo di 18 mesi poi rinnovabili per altri 12 dopo un intervallo di un mese. Come il rdc. Secondo la relazione tecnica citata dal Sole la Gil andrà a circa 709mila nuclei familiari per una spesa di poco superiore ai 5,3 miliardi.

La Pal – La Pal è una misura ponte da 350 euro riservata ai beneficiari del Rdc che al momento della scadenza dei 7 mesi di sussidio previsti per quest’anno abbiano sottoscritto un patto per il lavoro e siano inseriti in misure di politica attiva arriva la Prestazione di accompagnamento al lavoro. Si potrà chiedere solo dal 1° settembre e rimarrà in vigore fino a fine anno. Il mese di agosto rimarrà scoperto: queste persone non riceveranno alcun aiuto. Nella relazione si stima che l’intervento interessi 213mila persone di 154mila nuclei familiari per una spesa di 276 milioni di euro.

La Gal – Da gennaio 2024 scatterà per gli occupabili la Garanzia per l’attivazione lavorativa, pari anche questa a 350 euro al mese. Spetterà solo per 12 mesi, non rinnovabili, e per accedervi servirà un Isee più basso rispetto a quello richiesto per la Gil (non oltre 6mila euro). La platea di riferimento è dunque, verosimilmente, quella delle persone povere e che vivono in un nucleo in cui non ci sono minori, over 60 o disabili, dunque sono ritenute in automatico occupabili. La relazione tecnica prevede 426mila nuclei beneficiari per una spesa di 2 miliardi.

Gli sgravi – Per favorire l’occupazione, chi assume un percettore di Gil o Gal con contratto a tempo indeterminato godrà di uno sgravio contributivo del 100% (fino a 8mila euro l’anno) per due anni. Se il contratto è a termine o stagionale, l’esonero sarà pari al 50%, fino a 4mila euro per un massimo di dodici mesi. La Relazione tecnica stima che verranno promosse in questo modo 20mila assunzioni stabili e 50mila tra a termine e stagionali. Gli sconti varranno solo se l’offerta di lavoro sarà stata inserita nella nuova piattaforma Siisl del ministero del Lavoro. Un’agevolazione è prevista anche se si apre un’attività di lavoro autonomo entro i primi 12 mesi di fruizione del beneficio: fino a 3mila euro, cioè 6 mensilità, in un’unica soluzione. Le Agenzie per il lavoro che contribuiscono a far assumere un percettore otterranno un contributo da 1.200 euro per un’assunzione stagionale o a termine a 2.400 per una stabile.

Tornano le norme (cancellate) anti abuso – La bozza ripristina poi le sanzioni per dichiarazioni false e truffe con pene fino a 6 anni di carcere. Come previsto fino a quando il governo Meloni, nell’abolire il rdc dal gennaio 2024, ha eliminato pure le norme che punivano gli abusi. I controlli saranno affidati all’Ispettorato nazionale del lavoro – che fino a due settimane fa la ministra Calderone voleva sopprimere portando le competenze sotto il ministero – che avrà accesso a tutte le banche dati Inps.

Addio al decreto Dignità sui contratti a termine – Nel decreto, stando alle anticipazioni, ci saranno anche altre misure. Tra cui la norma che punta a demolire il decreto Dignità tornato in parte in vigore lo scorso ottobre dopo che i principali paletti erano stati scardinati in periodo pandemico per decisione bipartisan. Dopo i primi 12 mesi di contratto a termine, già oggi liberi, per stipularne un altro senza incorrere nella trasformazione in contratto stabile occorrerà ancora indicare una causale. Ma tra le possibili motivazioni ci saranno anche, accanto alle esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva e alla necessità di sostituire altri lavoratori, “specifiche esigenze” previste dai contratti collettivi: una delle eccezioni introdotte nel 2021.

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