Mancano ormai pochi giorni alla Pasqua, e le famiglie italiane sono intente ad attrezzarsi per affrontare il lauto banchetto che caratterizza questa festività. Molte saranno le pietanze servite durante il pasto luculliano. Fra queste non potranno certo mancare i tipici dolci della tradizione pasquale. Ogni regione ha il suo, delizioso e unico. Tuttavia, in nessuna tavola potranno mancare due capisaldi della pasticceria italiana: la colomba pasquale e l’uovo di cioccolata, rigorosamente munito di sorpresina al suo interno.

Alcuni si affideranno al pasticcere di fiducia, ma in molti preferiranno togliersi d’impiccio comprandoli direttamente al supermercato. Come riconoscere però un prodotto di qualità da uno mediocre, fra le decine di proposte low-cost e non? In nostro aiuto, come sempre, arriva Altroconsumo, che ha stilato una guida, nata dalla penna della giornalista Sonia Sartori, strumento utilissimo per districarsi nei labirintici scaffali tappezzati da una moltitudine di marche differenti. La guida in questione non si basa solamente sul gusto e sulla tradizione, ma anche e soprattutto sulla qualità dei prodotti utilizzati e sull’impatto che hanno sulla salute dei consumatori.

Iniziamo dalla colomba pasquale: nella gran parte dei casi, le colombe vengono vendute in una scatola di cartone, con stampata l’immagine del prodotto. È essenziale, dunque, prestare attenzione all’etichetta: “Nel periodo di Pasqua — spiega Sartori nella guida — troviamo molti dolci industriali simili alla colomba: glassati, farciti, granellati. Per riconoscere la vera colomba si deve fare attenzione ad alcune caratteristiche che il dolce deve avere e che sono stabilite dalla legge”.

L’impasto può essere realizzato con lievito naturale o lievito madre, ma è possibile trovare anche piccole percentuali di lievito di birra, che però non devono superare l’1%. Anche la presenza di emulsionanti è tollerabile, ma essa non è sinonimo di qualità. Chi spera di gustare una buona colomba tradizionale rimanendo leggero, ha sbagliato dolce: l’impasto deve contenere almeno il 16% di burro, con possibilità di trovare anche burro di cacao e altri grassi derivati dal latte. Tutto il resto non è “tollerato”. La farina deve essere di tipo “00” o “0”.

Come dolcificante, non ci sono grandi restrizioni: vanno bene zucchero (utilizzato il più delle volte), ma anche miele, malto e altri prodotti. Come in quasi tutti i prodotti di pasticceria, non mancherà un pizzico di sale. “Le uova devono essere di categoria A”, ossia fresche o extra fresche, e il tuorlo deve costituire il 4% del peso totale. La colomba “classica” è composta da canditi, secondo Sartori almeno al 15%, ma la scelta è lasciata ai gusti del cliente.

Solitamente nei prodotti industriali saranno presenti anche aromi e conservanti, ma, mentre i primi sono più tollerati, sarebbe molto meglio evitare i secondi:” I conservanti non sono indispensabili ed è meglio non acquistare una colomba con i sorbati in etichetta. Gli aromi, invece, possono servire a dare una maggiore rotondità al gusto ed è preferibile che siano estratti naturali o di bacche aromatiche, che con la cottura rilasciano nel dolce la loro essenza”.

L’immancabile copertura di glassa, composta da albume e zucchero, può essere accompagnata da una costellazione di croccanti mandorle (secondo la guida almeno al 2% del peso) e altra frutta a guscio. Occhio alle guarnizioni al cacao, ricavate da semilavorati ricchi di oli e grassi vegetali, emulsionanti, conservanti e aromi, elementi a cui bisognerà riservare le stesse accortezze dell’impasto.

Passiamo ora alle amatissime Uova di cioccolato. Divertenti, coloratissime, deliziose e per tutti i gusti. Ma occhio alla fregatura:” La presenza di una sorpresa all’interno fa salire il prezzo, in molti casi in maniera spropositata. Quando si acquista online, in negozio o al supermercato meglio fare un confronto tra i vari prezzi al chilo“.

Anche il cioccolato deve essere sottoposto a un controllo prima dell’acquisto, in quanto deve rispettare alcune prescrizioni particolarmente importanti. Secondo la guida:” Nel cioccolato nero o fondente deve esserci almeno il 35% di cacao e il 18% di burro di cacao, nel cioccolato al latte la percentuale di cacao scende al 25% minimo e deve ovviamente esserci il latte per almeno il 14% del peso totale. Se sull’etichetta del cioccolato fondente troviamo scritto cioccolato superiore, fine o finissimo, allora la percentuale di cacao minima presente deve essere del 43% (non più del 35%)”. Parlando di cioccolato al latte, invece, la percentuale di cacao è del 30%, ma se sulla confezione troviamo scritto ‘solo con cacao puro’, questo indica che “il cioccolato non contiene altri grassi vegetali (olio di palma, burro di karité o altro) oltre al burro di cacao”.

Ora siamo finalmente pronti a partire alla ricerca del dolce perfetto, speriamo che questa guida aiuti tutti ad affrontare l’ardua impresa!

Articolo Precedente

Tommaso Zorzi: “Felice di aver fatto la circoncisione, ora ho un gran bel pene”. Poi: “E’ una nuova verginità”

next
Articolo Successivo

“Vive sul nostro viso. Di giorno riposa, la notte si accoppia”, ecco di cosa si tratta. La spiegazione di Adele su TikTok

next