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Cerotti anti-rughe con microaghi che iniettano mRNA: l’ultima frontiera per ringiovanire la pelle. L’esperto: “Presto utile anche per i tumori al cervello”

I ricercatori: "Il nostro lavoro potrebbe aprire la strada allo sviluppo di terapie per il trattamento del tumore al cervello”

di 30science per Il Fatto

Creme, maschere, massaggi, erbe, botulino… tra tutte le possibili alternative per contrastare i segni del tempo, la scienza potrebbe aver individuato un nuovo anti-rughe più efficace e sicuro: cerotti fatti da microaghi che iniettano mRNA. Testato su un modello murino, questo nuovo approccio è stato descritto sulla rivista Nature Biomedical Engineering dagli scienziati dello Shenzhen Bay Laboratory, della Peking University Shenzhen Graduate School e dell’Università del Texas.

Il gruppo di ricerca, guidato da Betty Kim, ha valutato l’efficacia del nuovo cerotto cutaneo anti-rughe, che effettua micro-iniezioni per ripristinare il collagene, la proteina più abbondante nelle cellule del derma. Gli esperti hanno coinvolto topolini con la pelle danneggiata da raggi ultravioletti e rughe. Il team sottolinea però che questo approccio potrebbe essere utile anche per trattare altre condizioni legate alla carenza di collagene, come problemi alla pelle o artrite, ma anche malattie di natura diversa, come cancro e tumore.

Le rughe, spiegano gli scienziati, si formano in parte perché le fibre di collagene vengono danneggiate a causa dell’esposizione ai raggi ultravioletti, che provocano una riduzione nella struttura e nell’elasticità di queste fibre. L’uso di RNA messaggero può istruire l’organismo a produrre maggiori quantitativi di collagene. L’mRNA, utilizzato anche per i vaccini anti-Covid, fornisce alle cellule delle istruzioni specifiche per codificare proteine. Nel caso delle terapie di prevenzione delle infezioni, la tecnica permette di elicitare una risposta immunitaria, mentre in questo lavoro gli autori hanno esplorato la possibilità di stimolare direttamente la produzione di collagene.

Gli scienziati hanno esposto otto topolini a radiazioni ultraviolette per 60 giorni per innescare la comparsa di rughe. Successivamente, alcuni animali sono stati esposti alla ricetta genetica del collagene attraverso la somministrazione di mRNA tramite micro-aghi. In particolare, quattro esemplari hanno ricevuto cinque dosi di vescicole extracellulari, minuscole sacche di molecole con RNA messaggero. Ad altri quattro topolini è stato assegnato un trattamento topico con retinoidi, sostanze comuni utilizzate per contrastare l’invecchiamento della pelle. Gli ultimi quattro animali facevano parte del gruppo di controllo, e non erano stati esposti ai raggi ultravioletti.

Grazie all’imaging al microscopio, i ricercatori hanno monitorato la formazione e lo sviluppo delle rughe. Dopo 28 giorni, riportano gli autori, i topolini sottoposti al trattamento con mRNA avevano lo stesso numero di rughe rispetto al gruppo di controllo e la metà rispetto agli esemplari trattati con retinoidi. L’effetto è svanito lentamente nell’arco di altre quattro settimane, con le rughe tornate ai livelli precedenti al trattamento dopo 56 giorni. L’applicazione di un cerotto cutaneo, spiegano gli scienziati, sembrava ridurre le rughe e mantenere l’effetto per circa il doppio dell’arco di tempo osservato nei precedenti esperimenti.

“Attualmente – osserva Nicholas Gulati del Mount Sinai Hospital di New York – l’mRNA è confezionato all’interno di vettori chiamati nanoparticelle lipidiche, che possono innescare una risposta immunitaria iperattiva, con il rischio che si verifichino infiammazioni o anafilassi. Le vescicole extracellulari, invece, non inducono tali problematiche, perché si verificano naturalmente nell’organismo. Le possibili applicazioni di questa tecnologia sono sconfinate”. “Il nostro approccio – conclude Kim – potrebbe essere impiegato non solo per la cura e il ringiovanimento della pelle, ma anche per il trattamento di malattie genetiche, tumori e altre condizioni come l’artrosi. Le vescicole extracellulari potrebbero inoltre oltrepassare la barriera emato-encefalica, che impedisce agli agenti patogeni e a molti farmaci di raggiungere il cervello, per cui il nostro lavoro potrebbe aprire la strada allo sviluppo di terapie per il trattamento del tumore al cervello”.

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