A partire dalla pandemia è esplosa l’incidenza dei disturbi alimentari in ragazzini e bambini sempre più piccoli. I dati più recenti, raccolti nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero della Salute che si è concluso a febbraio 2021, hanno mostrato un aumento di quasi il 40% rispetto al 2019 e un esordio sempre più precoce, a partire dagli 8-9 anni. E la difficoltà di accesso alle cure in molte Regioni italiane, con gravi conseguenze sulla prognosi. Gli accessi al solo pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per dca sono quasi raddoppiati negli ultimi due anni passando da 463 a 911 e i ricoveri sono aumentati di oltre il 50%, dai 180 del 2019 ai quasi 300 dell’ultimo anno. Il fenomeno, a cui il 15 marzo è dedicata la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, coinvolge in Italia 3 milioni di persone e rappresenta nel mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la seconda causa di morte per le ragazze nella fascia di età tra i 12 e i 25 anni. Nel nostro Paese si contano più di 4mila decessi all’anno per suicidio o complicanze mediche.

Anoressia, bulimia nervosa e binge eating, se non diagnosticati e trattati precocemente, aumentano infatti il rischio di complicanze organiche rilevanti con il rischio di cronicizzazione e, nei casi più severi, di morte, in particolare per quanto riguarda l’anoressia. I dca colpiscono principalmente la popolazione femminile, con un rapporto tra femmine e maschi di circa 9 a 1, ma il numero dei maschi che si ammalano è in aumento soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale. La pandemia, con i lockdown e le restrizioni della socialità, “ha fatto da detonatore per un malessere che era spesso già presente”, spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile di anoressia e disturbi alimentari del Bambino Gesù. “Il Covid e la quarantena sono stati sicuramente fattori di accelerazione, ma molte di queste ragazze e di questi ragazzi erano già allenati a mangiare di nascosto, a vomitare di nascosto, a vivere di nascosto”.

“Decisivo un intervento tempestivo e multidisciplinare” – “Negli anni più recenti abbiamo osservato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che non riguarda più soltanto gli adolescenti, ma anche bambine e bambini in età prepuberale, con conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente”, aggiunge Elisa Fazzi, presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e direttore della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza agli Spedali Civili e Università di Brescia. “L’identificazione e l’intervento tempestivo e multidisciplinare sono decisivi per una prognosi migliore”. Nel 59% dei casi i malati hanno tra i 13 e 25 anni di età, nel 6% meno di 12 anni.

I centri dedicati alla cura – Sono 126 i centri dedicati alla cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, strutture sparse su tutto il territorio nazionale, di cui 112 pubbliche e 14 di privato accreditato. Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità hanno realizzato una piattaforma interattiva, costantemente aggiornata, dove sono censiti tutti. La metà si trova al nord. “I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, come anoressia, bulimia e binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), sono sempre più diffusi, colpiscono fasce sempre più giovani della popolazione e, se non diagnosticati e trattati precocemente, diventano cronici con effetti gravi su tutto l’organismo, a volte anche letali – spiega Simona Pichini, responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping del’Iss – I centri per la cura prevedono una presa in carica globale e integrata, consentendo la possibilità di usufruire di interventi appropriati”. Il maggior numero di centri è in Emilia Romagna (20) e Lombardia (15), al centro ce ne sono 23 (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria) mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). Quasi 7 su 10 prevedono accesso mediante pagamento del ticket, in 3 su 10 è gratuito.

Nuove frontiere delle terapie – Da un recente studio italiano, pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health, emergono inoltre nuovi approcci terapeutici basati sulla realtà virtuale con importanti risultati nei soggetti affetti da anoressia nervosa. Questa tecnologia, spiegano gli esperti, consente ai pazienti di essere immersi in un ambiente virtuale che si adatta al loro stato psicologico e può essere particolarmente indicata negli adolescenti. In generale, la realtà virtuale in contesti clinici può anche favorire una maggiore partecipazione del paziente aumentando la fiducia nei confronti di esperienze del mondo reale.

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