Dispense piene, molto più tempo da trascorrere in casa, rapporti sociali interrotti. È stato anche questo il lockdown, che ha portato con sé una serie di effetti sulle nostre abitudini e sul rapporto con il cibo. Anche nei bambini e negli adolescenti, ancora sotto stress tra le incognite sul rientro a scuola, dispositivi e regole di prevenzione e distanziamento forzato dai loro coetanei. Secondo uno studio pubblicato di recente sull’International Journal of Eating Disorders e condotto su oltre mille pazienti tra Olanda e Stati Uniti i DCA (Disturbi del comportamento alimentare), come anoressia e bulimia, nelle persone che già ne soffrivano prima del lockdown, si sono aggravati. E lo conferma a ilfattoquotidiano.it Anna Ogliari, medico e psicologa clinica, esperta in disturbi alimentari dell’età evolutiva presso il Centro Disturbi Alimentari dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Durante i primi mesi di pandemia e, in particolare, durante il lockdown l’attenzione clinica verso questi disturbi è cresciuta e dal nostro osservatorio (ambulatoriale e ospedaliero) abbiamo assistito a un importante incremento di richiesta di aiuto” spiega, sottolineando che “la pandemia sembra non solo aver esacerbato alcuni casi già noti, ma anche aver messo in luce una ‘epidemia’ di disturbi alimentari, in particolare nei bambini e negli adolescenti”. Stime non confermate parlano di un incremento del 20% delle nuove diagnosi.

Lo studio – Diretto da Cynthia Bulik, esperta di disturbi alimentari presso l’Università del Nord Carolina e Istituto Karolinska di Stoccolma, lo studio pubblicato nei giorni scorsi indica che molti pazienti anoressici hanno ristretto ulteriormente la propria alimentazione, mentre pazienti con bulimia nervosa e con disturbo delle ‘abbuffate compulsive’ hanno riferito un aumento degli episodi di ‘binge eating’. Un paziente su tre ha raccontato di aver visto peggiorare i propri sintomi. L’isolamento sociale, in persone che già tendono a nascondersi, ha contribuito alle ricadute di chi era in cura e al fiorire dei disturbi in pazienti che non ne soffrivano prima. Anche tra i giovanissimi. D’altronde, i disturbi alimentari si manifestano in modo diverso a seconda dell’età, ma ci sono delle tendenze ormai confermate. Per quanto riguarda l’anoressia, per esempio. “Ne soffrono ragazzini sempre più giovani (13-15 anni) – spiega Anna Ogliari – e coinvolge sempre più pazienti di sesso maschile, con una maggiore difficoltà nel riconoscere il quadro clinico”.

Il ruolo del lockdown – In questo contesto il lockdown ha peggiorato la situazione. A maggio l’Istituto Superiore di Sanità aveva già sottolineato i pericoli: “L’isolamento sociale – hanno spiegato gli esperti – può aumentare il rischio di ricaduta o peggiorare i disturbi dell’alimentazione per diversi motivi. La paura di un contagio, ad esempio, si associa spesso alla sensazione di non avere il controllo della situazione, che conduce a un ulteriore aumento delle restrizioni alimentari o, all’opposto, a un aumento degli episodi di alimentazione incontrollata”. Per la psicologa del Centro Disturbi Alimentari del San Raffaele ancora non sono chiari i fattori scatenanti legati nello specifico alla pandemia e al lockdown, anche se si possono avanzare alcune ipotesi legate alle conoscenze medico-scientifiche. “I disturbi alimentari sono determinati da diverse concause di natura biologica, psicologia, sociale che interagiscono tra loro e determinano il quadro clinico” spiega la professoressa. “Alcune caratteristiche individuali – continua – come la precisione estrema, tratti del temperamento, la disregolazione emotiva, l’approccio all’alimentazione, la tendenza a sovrappeso o sottopeso, la storia di disturbi alimentari in famiglia, sembrano essere dei fattori di predisposizione”. Su questi agiscono da trigger altri fattori “precipitanti”. Possono esserlo particolari momenti di stress, diete, richieste ‘sociali’. “Il periodo di lockdown – sottolinea – ha favorito alcuni di questi fattori scatenanti, portando a una maggior concentrazione sull’immagine di sé, lasciando più tempo a disposizione per riflettere e, complici i molti mezzi di comunicazione, favorendo una maggior attenzione al corpo (e quindi al cibo e all’attività fisica) e all’emergere di comportamenti disfunzionali (sia in eccesso che in difetto)”. Ma il panel dei disturbi alimentari è molto ampio: “Abbraccia il sottopeso ed il sovrappeso, ma anche altre condotte eliminatorie. Ne sono esempi il vomito auto indotto, l’uso di lassativi e diuretici e l’iper-esercizio fisico che spesso mettono a rischio in modo più eloquente la salute del paziente”.

Come accorgersi che qualcosa non va – La natura dei disturbi alimentari è proprio quella di mostrarsi, all’inizio, con segnali difficilmente riconoscibili. Ci sono, però, alcuni campanelli di allarme. “Una netta modificazione del comportamento alimentare che può anche partire dallo scegliere abitudini alimentari più ‘sane’. Si tende, per esempio, a mangiare meno del solito – spiega Anna Ogliari – giustificando il proprio comportamento (‘ho già mangiato’, ‘fa caldo’, ‘ho male allo stomaco’, ‘non mi sento bene’). A volte il cibo diventa una vera ossessione e lo si ‘cerca’ ovunque, dalle ricette nei programmi tv ai foodblogger”. Cambia l’attenzione al proprio corpo e, in particolare, “ci si concentra su alcune parti (pancia, glutei e gambe), iniziando spesso una erronea ed estenuante attività fisica atta a modificare la forma”. A volte ci si accorge che la persona che soffre di questi disturbi passa più tempo in bagno e questo “perché compaiono alcune condotte eliminatorie, come il vomito autoindotto o l’uso di lassativi e diuretici”. Per aiutare chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare è necessario rivolgersi a un’équipe di specialisti (medico psichiatra, psicologo e nutrizionista) ma bisogna sapere che ci sono alcune cose da non fare: “Non esistono giudizi sul corpo o sulla quantità di cibo che si assume – spiega l’esperta – la tavola non è un campo di battaglia ed è fondamentale non litigare. Non essere complici del quadro clinico pensando che il tempo farà migliorare la situazione. Stabilire un clima rassicurante durante i pasti e condividere una linea comune tra genitori”.

Tornare alla normalità – Nel periodo di lockdown molte famiglie hanno modificato le proprie abitudini alimentari, anche solo per far passare il tempo, far distrarre i bambini rimasti a casa e tenere su il morale di tutta la famiglia. Un altro lavoro sulla rivista Nature Reviews Endocrinology firmato da esperti delle Università di Copenaghen e Aarhus University mostra, però, che la quarantena può favorire l’obesità. A livello psicologico scattano gli stessi meccanismi che si riscontrano nei casi bulimia e anoressia? “Spesso i meccanismi alla base sono sovrapponibili – spiega Anna Ogliari – disregolazione emotiva, noia per la lunga permanenza in casa, scarso esercizio fisico e stravolgimento dei normali bioritmi hanno favorito anche molti dei casi di sovrappeso marcato, pure nei giovanissimi con conseguenze che probabilmente dovremo affrontare nei mesi futuri”. Ora, però, è necessario tornare alla normalità evitando che l’eccezione diventi una cattiva regola. Il lento ristabilirsi dei ritmi lavorativi e scolastici favorirà naturalmente la ripresa di abitudini più consone, comprese quelle alimentari. “Il cibo e la tavola rappresentano un luogo di convivialità anche all’interno delle famiglie” conclude la psicologa. Che suggerisce: “Favorire pasti regolari e col giusto apporto di nutrienti, uno scambio emotivo ed affettivo, recuperare cibi sani e un buon dialogo ci riporteranno lentamente alla normalità. Gli adulti hanno il compito di tenere sott’occhio campanelli d’allarme e sintomi insidiosi”.

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