A Verona è andata in scena la rivincita delle elezioni comunali di giugno che inaspettatamente avevano portato alla vittoria Damiano Tommasi per il centrosinistra, un corpo estraneo rispetto alla gestione tradizionalista ultraventennale della politica scaligera. In riva all’Adige si è combattuta una guerra fatta di colpi bassi, promesse non mantenute, accordi evaporati all’ultimo minuto, che ha portato alla nomina per il secondo quinquennio consecutivo di Cecilia Gasdia a sovrintendente dell’Arena, il più grande teatro lirico del mondo.

Il nome del soprano che nel 2018 fu capolista di Fratelli d’Italia nelle elezioni comunali è riuscito a spaccare in due il consiglio di indirizzo di Fondazione Arena, come mai era avvenuto nella sua storia. Da una parte il sindaco Tommasi, con Marilisa Allegrini e Stefano Soso, che si sono battuti per scegliere Maurizio Roi, già sovrintendente al Carlo Felice di Genova, o Lyndon Terracini, dell’Opera Australia. Dall’altra gli esponenti scelti dal centrodestra e due esponenti non politici. Serena Cubico di Fratelli d’Italia era stata indicata dal ministro della cultura Filippo Sangiuliano (FdI), mentre il consiglio regionale aveva scelto Federico Pupo. Con loro si sono trovati pienamente d’accordo sia Giuseppe Riello presidente della Camera di Commercio (il primo a sostenere Gasdia), sia Samuele Marconcini di Cattolica-Generali. Una posizione che ha avuto come sponsor esterno il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi, che fino a pochi mesi fa era amministratore della società controllata che si occupa di spettacoli non lirici in Arena. Era stato Mazzi a dire che lo stesso Tommasi avrebbe dovuto proporre la Gasdia e adattarsi a scegliere un proprio direttore generale.

La nomina del sovrintendente ha lacerato il mondo non solo lirico di Verona. Che si sia trattato di uno scontro politico, per impedire che il sindaco attuasse una scelta di discontinuità con il passato, lo ha confermato il deputato veronese di Fratelli d’Italia Ciro Maschio, avvocato e presidente della commissione giustizia della Camera: “Restando nella metafora calcistica utilizzata da Tommasi, direi che è come se alla vigilia dei Mondiali (il Centenario delle stagioni liriche, ndr) Tommasi si fosse ostinato fino all’ultimo a voler lasciare negli spogliatoi il capocannoniere (Cecilia Gasdia, ndr) per mettere in campo delle riserve in quanto suoi amici. Se gioca tutto il ‘campionato’ in questo modo, Verona rischia la retrocessione. Forse sarebbe il caso di esonerare l’allenatore prima che sia troppo tardi…”. L’affondo dimostra come il centrodestra non abbia digerito la sconfitta del sindaco uscente Federico Sboarina e abbia cercato una specie di vendetta. La ratifica immediata da parte del ministro Sangiuliano del nuovo (vecchio) sovrintendente dimostra quanto il governo ci tenesse a chiudere questa partita a proprio favore.

Tommasi ha perso dopo una seduta-fiume conclusa a notte fonda. Il mattino dopo ha riunito i suoi e tenuto una conferenza stampa. Da rappresentante legale della Fondazione Arena adesso si trova un consiglio di indirizzo spaccato e avrà a che fare con un sovrintendente che non gradisce. “La struttura non è adeguata alle sfide che siamo chiamati ad affrontare. Mi preoccupa la posizione presa con la tessera di partito in tasca, che poco a che vedere con la programmazione e la progettazione di Fondazione. Dispiace che il voler piantare una bandierina dal punto di vista partitico si sia tradotto in un voto espresso secondo indicazioni lontane da Verona”. E ha aggiunto: “Lo dimostra il fatto che la riunione è iniziata con la dichiarazione di voto di uno dei consiglieri, senza nemmeno prendere in considerazione di esaminare i curriculum e i progetti dei due candidati che avevo proposto. I candidati non sono nemmeno stati ascoltati, c’era già una posizione precostituita”.

Conclusione amara: “Ho provato fino all’ultimo di raggiungere una convergenza su quello che ritengo lo schema migliore per affrontare le sfide che dobbiamo vivere e gestire nel prossimo futuro, ossia l’unanimità attorno ad un nome. Non c’è stata la volontà, ad un certo punto ho capito che l’imposizione e l’adeguamento erano le uniche forme per trovare una convergenza”.

La consigliera comunale del Pd Alessia Rotta: “Abbiamo trovato un muro, il sospetto è che sia una vendetta. La città paga un conto elettorale che non dovrebbe pagare e che noi rimandiamo al Ministero”. Alberto Battaggia, consigliere comunale della Lista Damiano Tommasi: “I risultati sotto la precedente soprintendenza di Cecilia Gasdia non sono così brillanti come si vuol far credere”. Jessica Cugini, consigliera comunale: “È andata in scena una prova muscolare tipica della destra. Abbiamo visto giocare una battaglia politica su un campo che non era cittadino, ma un campo romano, con forze che hanno mostrato la tessera politica”.

Lapidaria Sinistra Italiana: “Gasdia era già un personaggio ‘chiacchierato’ in città e nel mondo della lirica. Non ultima la perla del suo mandato sono state le infiltrazioni mafiose in Fondazione, a proposito di appalti di attività logistiche, su cui la magistratura sta indagando. Ma Gasdia è anche una avversaria dichiarata dei lavoratori artistici, tecnici, organizzativi. La gestione dispendiosa e privatistica di oltre 100 cause in corso con dipendenti lasciati al loro destino ne è la riprova lampante”. Epitaffio di Sinistra civica ecologista: “Il copione è stato scritto a Roma, ma si è avvalso dell’ingaggio dei due attori locali come Cattolica e Camera di Commercio, nonché del sottosegretario Mazzi, che riveste più ruoli e gioca su più tavoli, nazionale e cittadino, non senza forti interessi personali. Come una certa politica insegna, non esistono conflitti di interessi, piuttosto sempre interessi propri da portare avanti”.

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