Dare il Superbonus “a tutti, senza legarlo al reddito, è stato un errore“. E per questo “lo abbiamo criticato fin da quando è stato istituito”. Ma eliminare dalla sera alla mattina la possibilità di cedere i crediti legati alle ristrutturazioni edilizie crea un problema opposto: d’ora in avanti se le potranno permettere soltanto i ricchi. È la posizione della Cgil, che ha partecipato alle audizioni in commissione Finanze della Camera sul decreto del 16 febbraio con cui il governo Meloni ha bloccato la cedibilità e la possibilità di godere dello sconto in fattura. Le sigle di consumatori hanno rincarato la dose, spiegando che il provvedimento “non solo ha costituito un provvedimento a favore dei ricchi, ma rischia di fare sostenere ai poveri le spese agevolate a favore dei soli ricchi”. L’Associazione Esodati del Superbonus ha aggiunto di aver raccolto “le testimonianze di migliaia di casi drammatici che rischiano di avere risvolti tragici. Ogni giorno notiamo che i toni si fanno sempre più forti. Aumentano le richieste accorate di aiuto e continuiamo a registrare numerose e preoccupanti minacce di suicidi“.

Cgil: “Riduce l’accessibilità per chi ha redditi bassi” – Partecipando all’assemblea nazionale unitaria Fiom e Filctem Cgil, il segretario generale della confederazione, Maurizio Landini ha ricordato il difetto originario del 110%, concesso a tutti senza limiti di reddito. Ma l’intervento del governo, invece che risolverlo, ha peggiorato la situazione. “È sbagliato sia nel metodo che nel merito: oltre che essere intempestivo, non ha visto alcun confronto con i sindacati, né prima né dopo. Mette a rischio il lavoro di centinaia di migliaia lavoratori edili”, ha avvertito in audizione Gianna Fracassi, vicesegretaria di Corso d’Italia, e “per gli obiettivi a cui il paese deve adempiere – come il Green deal – intervenire cancellando la possibilità della cessione dei crediti e dello sconto in fattura rischia di ridurre l’accessibilità per una fascia molto vasta di cittadini, soprattutto a chi ha redditi bassi. Il 50% dei dipendenti italiani ha un reddito inferiore a 20mila euro e quindi è incapiente. Inoltre, abbiamo un patrimonio edilizio vecchio che va riqualificato e allora la ratio di un intervento di questa natura non si capisce qual è, anche rispetto a impegni europei”.

La Cgil chiede che siano “indicati, condizionati e perimetrati gli ambiti di intervento” mantenendo come priorità l’edilizia residenziale pubblica e le fasce più vulnerabili, i grandi condomini e le aree urbane più fragili. Inoltre sostiene la necessità di ripristinare interamente il meccanismo della cessione del credito con lo sconto in fattura per il sismabonus, l’ecobonus e il bonus relativo alle barriere architettoniche.

Consumatori: “Un incapiente può trovarsi a pagare per i condomini abbienti” – Per il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti “crea una situazione paradossale per cui un condomino a basso reddito e incapiente fiscalmente può trovarsi obbligato a sostenere spese ingenti per lavori deliberati dalla maggioranza dei presenti di un’assemblea di condomini abbienti”. Anche Assoutenti ha chiesto di prevedere lo sconto in fattura e la cessione del credito per le famiglie a reddito basso, eventualmente vincolando il Superbonus all’Isee: “Le novità introdotte dal governo se non corrette finiranno per danneggiare quei cittadini che non possono permettersi spese edilizie”, spiegano il presidente Furio Truzzi e l’avvocato Stefano Betti, esperto dell’associazione.

Le imprese – I rappresentanti delle imprese dal canto loro hanno ancora una volta lanciato l’allarme sulle conseguenze della norma: seconda la Cna “dà un colpo durissimo alla riqualificazione e alla messa in sicurezza degli edifici messo in moto negli anni scorsi, a cui una accelerazione potente arrivava proprio dalla cessione credito”. Il meccanismo aveva portato un incremento – rispetto al periodo antecedente al 2019 – “di oltre 50 miliardi l’anno di investimenti nel settore dell’edilizia privata che ora rischiano di venire meno”. La frenata del governo dunque è stata “intempestiva”: ha gettato “un’ombra” su un meccanismo “che dovrebbe favorire gli investimenti privati” e “non ha valutato l’impatto positivo dei bonus”. Per Confartigianato “sono a rischio 47mila imprese e 153mila posti di lavoro. Vanno messi rapidamente in campo interventi per sbloccare i crediti fiscali incagliati”. La proposta è di individuare “un acquirente pubblico di ultima istanza, particolarmente necessario per i crediti di minore importo, e ampliare l’arco temporale di utilizzo dei crediti in compensazione. In assenza della necessaria capienza fiscale le imprese che hanno nei cassetti fiscali i crediti perdono infatti una parte del credito loro spettante”, spiega la confederazione. Per questo – secondo Confartigianato – “va spostata la data, fissata al 17 febbraio 2023, entro la quale è necessario aver presentato la Cila per poter mantenere la possibilità di cessione/sconto del credito”.

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