Una standing ovation lunga oltre un minuto di tutto il teatro Ariston per il primo presidente della Repubblica presente al Festival di Sanremo. Di solito si è abituati a vedere Sergio Mattarella affacciato dal palco reale della Scala di Milano, questa volta il capo dello Stato ha assistito alla serata inaugurale del festival della canzone italiana. “Averla qui con noi in questo teatro – ha detto Amadeus – dimostra la sua vicinanza al mondo dello spettacolo e della musica”. Subito dopo l’ingresso in sala di Mattarella e della figlia Laura Gianni Morandi ha intonato insieme a tutto il teatro (presidente compreso) il Canto degli Italiani, l’inno nazionale. Il capo dello Stato, molto sorridente, ha salutato i presenti in sala dal palchetto.

Lo scorso anno il capo dello Stato era stato evocato da Amadeus dal palco, subito dopo la rielezione del presidente. Il conduttore aveva ricordato che Mattarella – da grande appassionato di musica – aveva assistito all’ultimo concerto di Mina nell’estate del 1978, alla Bussola di Viareggio, insieme alla moglie Marisa Chiazzese e al fratello Piersanti. Lì è nato il rapporto che ha portato Mattarella a essere presente al festival.

Amadeus ha ricordato che quest’anno ricorre il 75esimo anniversario della Costituzione “di cui lei è il nostro amato garante”. Poi “a rappresentare l’altissimo valore delle sue pagine” Amadeus ha chiamato sul palco Roberto Benigni. L’attore ha salutato il presidente “con tutta la mia stima e ammirazione. Per me è una gioia essere qui”. “Sono felice che lei sia qui, presidente, ma le faccio notare una cosa: lei è al secondo mandato, Amadeus al quarto e ha già prenotato il quinto, pensa di fare il sesto, il settimo. Mi chiedo: è costituzionale? Presidente bisogna fermarlo, è un colpo di stato, si è montato la testa, vuole pieni poteri, sta organizzando la marcia su Sanremo si vuole prendere tutto, è una dittatura”. Prima del monologo sulla Costituzione Benigni ha dedicato un passaggio alla musica e in particolare quella leggera. “La musica è la regina delle arti, tutte le arti tendono alla musica – dice il regista premio Oscar – A volte la musica leggera viene relegata in un posto piccolo nella storia dell’arte, ma la musica leggera ha un posto enorme nella storia sentimentale dell’umanità. Sanremo ci ha avviluppato l’anima a tutti noi, di tutte le generazioni, le canzoni sono così, ti entrano dentro. Federico Fellini diceva ‘la musica è pericolosa perché ti entra dentro’, ed è così, è un anello tra il concreto e l’astratto. E come dice Don Chisciotte dove c’è la musica non ci può essere nulla di cattivo”.

“La Costituzione è legata con l’arte – dice Benigni – tra le altre cose perché è un’opera d’arte e canta. Canta la libertà, la dignità dell’uomo: ogni parola della Costituzione sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria come le opere d’arte perché butta all’aria quell’ordine predisposto di prima, quel soffocamento, quell’oppressione della libertà, quell’ingiustizia, quella violenza che c’era prima”. La Carta, continua Benigni, “ci fa sentire che viviamo in un Paese che può essere giusto e bello, che si può vivere in un mondo migliore. È un sogno fabbricato da uomini svegli ed è una cosa che può accadere una volta nella storia di un popolo. ‘Penso che un sogno così non ritorni mai più’ – dice ancora riferendosi a Nel blu dipinto di blu – si addice alla nostra Costituzione. L’hanno fatta in pochissimo tempo, sono stati dei visionari, ed è stato un miracolo perché erano 556 di tanti partiti, divisi su tutto tranne su una cosa: essere uniti per scrivere la Costituzione più bella. E non si rivolge alla società presente ma guarda al futuro. La Costituzione non si scorda di nessuno. Hanno fatto la Costituzione più bella che si possa immaginare. Pensate all’articolo 11 ‘L’Italia ripudia la guerra’. Se lo avessero adottato tutti i Paesi non esisterebbe più la guerra sulla Terra”. L’altro articolo scelto da Benigni è stato il 21 (“Il mio preferito”) che tutela la libertà d’espressione, un articolo che “ci ha liberati dall’obbligo di aver paura” sottolinea. “Dice una cosa con un linguaggio semplice che sembra scritto da un bambino: tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. E se lo hanno scritto vuol dire che ce n’era bisogno. Per me è l’architrave di tutto. Prima, durante il Ventennio fascista non si poteva pensare liberamente, e non si sarebbe potuto fare neanche il Festival di Sanremo. Ancora oggi in alcuni Paesi le persone vengono incarcerate solo perché ballano o cantano, non lontano da noi. L’unica maniera di fare qualcosa per il futuro è avere il passato sempre presente, e ricordarci che quello che abbiamo può sempre esserci tolto”.

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