Alla Siria mancava solo un terremoto per morire anche la seconda volta. C’è gente che è sopravvissuta alle macerie della propria casa, distrutta dai bombardamenti, ed è oggi vittima delle ceneri, i frantumi, di un’altra casa: questa volta distrutta da un evento naturale. Assomiglia alla collera di un Dio che non la smette di prendersela con il paese che è al cuore di quella che è stata la culla delle civiltà. Ma oggi, sei febbraio 2023, non c’è più nulla di umano. Anzi, non c’è nulla di umano da tempo in Siria.

I muri di casa che scricchiolano, le scale e i balconi che crollano assomigliano a una immagine vista decine di migliaia di volte. Questa volta manca solo il boato che precede il tonfo di un barile bomba sganciato su di una città. Quel suono sordo non c’è e quindi è mancato perfino l’avvertimento sonoro che un missile ti dà prima di portarti via la vita.

E’ assurdo rivedere, ancora e ancora, corpi incastrati tra le travi metalliche con cui è stata costruita una casa. Perché la casa, beyt in arabo, ha una definizione più ampia che va oltre il mero significato del luogo fisico, materiale, ma racchiude in sé il significato di famiglia. Oggi, come negli ultimi 12 anni in cui la guerra si è mangiata un paese, in cui ci sono stati finti eroi, bugie, eroi veri e vittime sufficienti a riempire cimiteri infinite… la morte scende uguale. Non guarda in faccia a nessuno e si ripete la monotonia di un dramma che continua ininterrottamente da migliaia di giorni.

Poveri siriani, abbandonati da tutti noi, da sempre e per sempre.

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