Prima o poi ci diranno la verità su Pedemontana Lombarda. Perché tanti soldi su un nastro d’asfalto – una settantina di km da Cassano Magnago (Va) ad Agrate, il doppio considerata la viabilità complementare – non si erano mai visti, tanto più su un’opera in perdita, in un regime di costi crescenti e dai ritorni improbabili. Viste le imminenti elezioni regionali è utile fare il punto su un’infrastruttura che ci riporta indietro di una cinquantina d’anni, quando ancora non si parlava di decarbonizzazione. D’altra parte la vicenda non finisce di stupire e ogni relazione di bilancio aggiunge nuovi tasselli ad un quadro già lugubre, dopo un biennio di colpi di scena.

Da tempo mi occupo di infrastrutture e non ricordo tanta intraprendenza, in un settore così giornalisticamente poco appetibile. Sulle gesta della giunta Fontana – che ha sbloccato risorse pubbliche senza precedenti – rimandiamo agli altri post. Qui ci limitiamo ad alcuni conti di sintesi, con l’avvertenza che il merito di tanta grazia è da attribuire principalmente alla suddetta giunta e alla determinazione della Lega salviniana, sia pure con il tacito assenso di gran parte del centrosinistra. “Somme ingentissime” e “dal ritorno incerto” ha notato la Corte dei Conti, che ricadranno sulle generazioni future.

Ad oggi il conto per la collettività ha superato i due miliardi e mezzo, così suddivisi:
1,2 miliardi di contributo statale a fondo perduto;
47,5 milioni di perdite accumulate dal 2014;
800 milioni di defiscalizzazioni statali;
350 milioni di amento di capitale sociale sborsato dalla Regione per acquisire il controllo di Pedemontana, scaricato inaspettatamente sul bilancio di Ferrovie Nord;
62 milioni per l’acquisto da parte della Regione della quota di Intesa Sanpaolo, che ha pensato bene di defilarsi dall’azionariato della concessionaria;
34 milioni di ulteriore contributo dal concedente Cal, controllato alla pari da Anas e Regione Lombardia.

A ciò aggiungerei 100 milioni per il fallimento di Asam, l’ex capogruppo di Serravalle, ex controllante di Pedemontana, travolta dalle ingenti svalutazioni di Serravalle a sua volta indotte, con tutta evidenza, dai guai di Pedemontana. Totale: 2,593 miliardi. Tralasciamo probabili svalutazioni delle quote in mano alla Regione più o meno collegate all’infrastruttura, nell’ipotesi, smaccatamente ottimistica, che si tratti di fenomeni temporanei. Tralasciamo anche inevitabili incrementi di spesa legati al costo dell’energia e delle materie prime, che cominciano a farsi sentire. Non parliamo nemmeno degli effetti collaterali del consumo di suolo, dell’alterazione dell’assetto idrogeologico e della cancellazione dei cosiddetti “servizi ecosistemici”, a partire dall’agricoltura.

Poi ci sono i prestiti, che dovranno essere ripagati con tanto di interessi dai pedaggi – tra i più cari d’Italia – con ampie garanzie pubbliche. Garanzie che, Dio non voglia, se dovessero scattare ricadrebbero sulle tasche di tutti. Partiamo dal prestito di 900 milioni messo in campo dall’attuale giunta, in quote annuali dal 2025 al 2044, per mettere in sicurezza l’opera e invogliare le banche a fare la loro parte. Qui a rischiare è direttamente la Regione che, avendo assunto il controllo dell’opera, praticamente finanzia sé stessa in un pericoloso conflitto di interesse. Arriviamo dunque all’agognato prestito Senior1: 1.741 milioni da un pool di banche, ma per il 60% appannaggio di due istituti pubblici (Cassa depositi e prestiti e Banca europea per gli investimenti). Qui garantiscono lo Stato italiano e i governi europei. Infine il prestito Senior2, dall’importo indefinito, per completare la tratta D, l’ultima.

Sommando tutte le voci tocchiamo la cifra iperbolica di 5.234,5 milioni, esclusa la tratta D. Da notare che lo stanziamento delle banche private non arriva a 700 milioni (il 13% del totale), pure ampiamente garantita dal pubblico. E’ il colpo di grazia alla cosiddetta “finanza di progetto” (il privato realizza l’opera e poi si ripaga attraverso i pedaggi, in pratica “senza oneri per lo Stato”) dopo quelli inferti da Brebemi e Teem-Tangenziale esterna milanese. Tanto valeva mettere subito soldi pubblici senza aspettare 35 anni di inutile interlocuzione con le banche private.

Insomma le autostrade sono un affare di Stato e ciò potrebbe anche essere una buona notizia se non si trattasse di Pedemontana, un’arteria cronicamente a corto di traffico, figlia di valutazioni allegre e in una delle zone più asfaltate d’Europa, certamente la più inquinata. Ma di questo avevamo già parlato.

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