A distanza di cinque anni la Dda di Reggio Calabria è arrivata a una prima verità processuale sull’omicidio di Bruno Ielo, l’ex carabiniere che gestiva una rivendita di tabacchi a Gallico, nella periferia nord della città dello Stretto, e che è stato ucciso perché non ha voluto “piegare la testa” davanti alla ‘ndrangheta. Due ergastoli, una condanna a 30 anni, un’altra a 15 anni e una sola assoluzione: si è concluso così il processo di primo grado davanti alla Corte d’Assise. Il giudice Natina Pratticò ha sposato in pieno l’impianto accusatorio costruito dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto procuratore Stefano Musolino che avevano chieste pene pesantissime per gli imputati.

Dopo oltre 4 ore di camera di consiglio, la sentenza è stata letta in aula bunker: carcere a vita per Franco Polimeni, ritenuto il boss dei Tegano pur non avendo mai riportato condanne definitive per associazione mafiosa. Per la Corte d’Assise è stato lui il mandante dell’omicidio Ielo consumato nel quartiere di Catona.

L’ergastolo è stato inflitto anche Francesco Mario Dattilo, ritenuto il killer che sparò due colpi di pistola uccidendo il tabaccaio mentre rientrava a casa a bordo del suo scooter. Stando alla ricostruzione della squadra mobile, Dattilo pedinò la vittima con un altro mezzo a due ruote mentre Polimeni seguì entrambi a bordo di una Fiat Panda ripresa dalle telecamere lungo il tragitto fatto da Ielo prima di essere ucciso.

Sulla stessa auto c’era Cosimo Scaramozzino ritenuto l’uomo di fiducia del presunto boss Polimeni. Pure lui, al termine del processo di primo grado è stato condannato a 30 anni di carcere per aver partecipato all’omicidio dell’ex carabiniere oltre che di estorsione e illecita concorrenza con minaccia. Assieme a Polimeni e Dattilo, infatti, Scaramozzino avrebbe compiuto “atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Ielo e la figlia a chiudere, o comunque, diminuire il volume di affari della rivendita”.

La Corte d’Assise ha condannato anche a Giuseppe Antonio Giaramita a 15 anni di carcere. Era imputato per il tentato omicidio ai danni sempre dello stesso Ielo che, alcuni mesi prima di essere ucciso, aveva subito una rapina in cui Giaramita gli aveva sparato un colpo di pistola in bocca. Gravemente ferito, neanche quell’episodio ha fatto desistere Bruno Ielo che, nonostante le minacce subite, non aveva mai abbassato la testa davanti a Franco Polimeni che aveva la sua attività commerciale a poche centinaia di metri da quella di Ielo. Per il pm Stefano Musolino, infatti, Ielo era “un semplice e onesto tabaccaio” che, da solo, aveva messo in discussione il ruolo e il prestigio di uno dei più importanti casati di ‘ndrangheta.

Alla fine del processo, così come richiesto dalla Procura, è stata assolta Rita Polimeni che, con il padre Franco, era accusata di un’intestazione fittizia per la gestione della tabaccheria concorrente di quella della vittima.

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