Le trattative tra Svezia e Turchia per l’entrata di Stoccolma nella Nato sembra stiano dando i primi risultati. A inizio dicembre il governo del Paese europeo ha estradato Mahmut Tat, ex militante del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) condannato in Turchia a 6 anni e 10 mesi di carcere a causa delle sue idee politiche. L’uomo aveva cercato rifugio nel 2015 in Svezia proprio per sfuggire alla sentenza emessa dai giudici turchi, ma la sua richiesta di asilo è stata rigettata da Stoccolma. Come riportato dalla stampa locale, Tat è stato arrestato dalla polizia svedese, trasferito nel centro di detenzione di Mölndal, dove gli è stata notificata l’espulsione, e da lì rimpatriato in Turchia. Una volta arrivato nel paese anatolico, Tat è stato preso in custodia dalla polizia turca, condotto davanti ai giudici e portato infine in carcere per scontare la pena comminatagli anni prima. Il tutto nella generale indifferenza del mondo politico occidentale, così come dei media, che hanno dedicato ben poca attenzione al caso dell’ex militante del Pkk. La notizia del suo arresto ha avuto invece un eco maggiore nella stampa turca che ha prontamente descritto l’uomo come un terrorista e celebrato il suo arresto, ricordando anche come la lista dei soggetti che la Turchia vuole vedere estradati da Svezia e Finlandia sia ancora lunga.

L’espulsione di Tat è avvenuta in un momento particolarmente delicato dei rapporti tra Ankara, Stoccolma e Helsinki. I due Paesi scandinavi hanno fatto richiesta di entrare nella Nato, ma la Turchia continua a porre il veto alla loro adesione a causa dei legami con il Partito dell’Unione democratica della Siria del Nord e per l’accoglienza fino ad ora riservata ai curdi fuggiti dalla Turchia a causa del trattamento discriminatorio a cui erano sottoposti per le loro idee politiche. In cambio dell’entrata nell’Alleanza, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha chiesto a Svezia e Finlandia di interrompere ogni relazione con il Rojava e di estradare una trentina di curdi che hanno trovato o richiesto asilo nei Paesi scandinavi, modificando le leggi interne sul terrorismo. Ad oggi, le trattative sono ancora in corso, ma i governi di Stoccolma e Helsinki sono sempre più disposti ad accontentare le richieste della Turchia. A discapito dei curdi, come ricorda a Ilfattoquotidiano.it anche Ridvan Isvec, presidente del Centro democratico curdo di Stoccolma.

“Il governo svedese sa bene che la Turchia perseguita i curdi e ha riconosciuto ufficialmente che i detenuti nelle carceri turche sono sottoposti a torture – ha dichiarato – Sulla base della Convezione Onu sui diritti umani e di altri accordi internazionali firmati dalla Svezia, l’estradizione verso Paesi in cui si usa la tortura non può avere luogo, ma il caso di Mahmut Tat dimostra che il governo sta mettendo in discussione tutto ciò per entrare nella Nato. La sua estradizione sembra il risultato di un accordo segreto di cui l’esecutivo deve dare conto pubblicamente”. Il timore, prosegue Isvec, è che l’allontanamento di Tat sia solo il primo di una lunga serie. “Non sappiamo che cosa la Svezia abbia concordato con la Turchia, per cui il rischio di nuove estradizioni è alto. Così facendo, però, Stoccolma sta rinunciando ai valori democratici e alla tutela dei diritti umani per accontentare un dittatore. Voler entrare nella Nato è un desiderio legittimo, ma non si possono sacrificare i diritti umani per farlo. Eppure ancora una volta vediamo come la politica stia avendo la meglio sulla legge”. Inoltre, sottolinea Isvec, cedere alle pressioni della Turchia non sarà sufficiente per ottenere il via libera all’adesione alla Nato. “Erdogan avanzerà nuove richieste per soddisfare i suoi interessi. Non possiamo permettere a un dittatore di decidere quali sono i nostri valori”. Da qui l’appello del presidente della comunità curda di Svezia agli organismi internazionali, chiamati a intervenire su quanto sta accadendo nel paese scandinavo e a proteggere i diritti umani dei curdi, ma non solo: “Quanto sta accadendo non è un problema unicamente nostro, ma è anche internazionale perché internazionali sono i valori che vengono attaccati. La Svezia deve essere perseguita per la violazione dei diritti umani che sta compiendo”.

A decidere sul futuro dei curdi di Svezia sarà il governo di centrodestra da poco insediatosi e con cui Erdogan ha già avuto diversi incontri. A differenza dell’esecutivo precedente, quello attuale non si regge sul sostegno esterno della parlamentare curda Amineh Kakabaveh, per cui avrà margini di manovra maggiore nelle trattative con la Turchia. Per Isvec, però, il cambio di governo non è particolarmente rilevante. “È possibile che il nuovo esecutivo sia più propenso a raggiungere un compromesso, ma ha ereditato il dossier da quello precedente. Che sia nuovo o meno, il governo ha il dovere di rispettare le convenzioni che tutelano i diritti umani. La Turchia attacca i curdi nel nord della Siria e dell’Iraq in violazione del diritto internazionale, usando anche armi chimiche e colpendo infrastrutture civili. Tutto ciò dimostra come Erdogan stia portando avanti una politica anti-curda non solo in patria, ma anche a livello internazionale. La Svezia non deve essere parte di questa politica”.

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