All’epoca dei fatti di Open Arms, nell’agosto del 2019 “si sapeva che la mozione di sfiducia del governo era pronta e Salvini, che ormai agiva in totale autonomia, era in compagna elettorale. Si stava cercando di monetizzare il consenso, stressando un argomento molto sentito come quello dell’immigrazione. Fu lui a decidere il divieto dello sbarco”. Lo dice Danilo Toninelli, l’ex ministro delle Infrastrutture che oggi ha testimoniato al processo Open Arms a carico del vice premier Matteo Salvini. Il capo della Lega è accusato del sequestro dei 147 migranti a bordo della nave della ong spagnola nell’estate 2019.

Lo scontro Toninelli-Bongiorno – La testimonianza di Toninelli è stata condita da momenti di tensione tra l’esponente dei 5 stelle e Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e legale di Salvini: “Mi spiace dirlo, ma lei, signora avvocato, ha detto una falsità. Non c’è mai stato un Consiglio dei ministri con all’ordine del giorno la questione che trattasse il caso Open Arms o qualsiasi altro caso di sbarco di una ong”, così si è rivolto Toninelli a Bongiorno, che dal canto suo ha sottolineato come il teste, denunciato dalla stessa avvocata, sia anche imputato in un processo per diffamazione a Roma per delle alcune tv riguardanti la stessa Bongiorno.

I video del sommergibile – Un’udienza quella che si è tenuta oggi nell’aula Bunker dell’Ucciardone che è entrata nel vivo del processo con la deposizione di Toninelli ma anche dell’ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. A segnare la giornata anche la richiesta dell’acquisizione di materiale video e audio da parte della difesa di Salvini. Un sommergibile della Marina militare italiana aveva documentato l’operazione di sbarco della Open Arms del primo agosto, prima intercettando la conversazione tra la Ong e i migranti della piccola imbarcazione che richiedeva il soccorso. Poi un video in cui è stato documentata tutta l’operazione di soccorso, che, su richiesta della difesa dell’imputato, è stato acquisito assieme agli audio dal Tribunale presieduto da Roberto Murgia. Un’attività d’indagine che è stata trasmessa con un’informativa alle autorità competenti ma di cui nessuno pare sapesse nulla: “Un’informativa fantasma che noi vogliamo vedere”, ha sottolineato Bongiorno. “Sarebbe gravissimo se qualcuno avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti da parte di organi dello Stato. Cioè se ci sono pezzi di Stato che dimenticano o nascondono interventi di altri pezzi di Stato per danneggiare oggi Salvini domani chissà vuol dire che c’è qualcosa che non funziona”, ha aggiunto il vice premier parlando con la stampa alla fine dell’udienza.

La denuncia di Bongiono: “Condotte anomale dall’ong” – Il sommergibile della Marina ha documentato con materiale audio, video e foto il momento del salvataggio della Open Arms dell’1 agosto in acqua libiche. L’esistenza di questo materiale era stata menzionata in una precedente udienza da Roberto Mancini, funzionario del ministero dell’Interno. Un video che documenta l’operazione di salvataggio di Open Arms e un audio in cui la Ong spagnola acquisisce i dettagli della posizione del barchino di legno azzurro con i migranti a bordo, questo il contenuto del materiale oggi acquisito dal tribunale. Sul quale punta la difesa: “Ci furono delle condotte anomale da parte dalle Ong – ha detto Bongiorno – o quanto meno ci sono dei sospetti che sono assolutamente già documentati in una informativa. Quando ci sono dei sospetti di anomalie devono entrare nel fascicolo in modo tale che i vari giudici possano farsi il proprio convincimento. Ebbene, nulla di tutto questo è stato mai depositato: è sempre mancata la valutazione di queste violazioni da parte delle Ong che sono contenute in una informativa che si sa che esiste ma che ancora non appare agli atti. Quindi una informativa fantasma che noi vogliamo vedere”.

Il rifiuto di firma sul decreto – “Anomalie”, dunque, secondo Bongiorno che rimescolerebbero le carte, perché non erano emerse al tempo in cui il Tar del Lazio si pronunciò sul divieto di sbarco firmato da Salvini dichiarandolo illegittimo: è questo il punto cruciale del processo perché l’accusa mossa dalla procura di Palermo, nei confronti dell’allora ministro dell’Interno, è di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Contestazioni legate al momento in cui dopo la pronuncia del Tar del Lazio, il ministro continuò a non concedere il Pos, il Place of Safety, l’indicazione del porto sicuro più vicino dove sbarcare per la sicurezza dei migranti. Salvini invece aveva pronto un nuovo decreto di divieto di sbarco che non fu firmato dagli altri due ministri, Trenta e Toninelli: “Non firmo in nome dell’umanità: confermo che mi rifiutai di firmare il secondo decreto che reiterava senza modifiche il precedente bocciato dal Tar, nel frattempo, anzi, le condizioni dei migranti si erano ulteriormente aggravate”, ha detto l’ex ministra della Difesa. Che in merito all’informativa del sommergibile ha specificato che non era “a conoscenza di questi documenti sull’attività del sommergibile della Marina militare”.

La deposizione di Trenta – Sul rischio di terrorismo, Trenta ha poi aggiunto: “Non ho avuto informazioni su un eventuale rischio terrorismo. Ma seppur in presenza di eventuali terroristi a bordo, ritenevo bisognasse procedere al trasbordo dei migranti e procedere contestualmente a tutti gli accertamenti del caso: ritengo che le nostre battaglie politiche non debbano ricadere sulle vite dei più fragili e che le vite umane debbano essere sempre rispettate “. Una deposizione giudicata dal vicepremier, imputato al processo, come “pittoresca“. Il secondo decreto, però, non fu firmato neanche da Toninelli: “Non lo firmai – ha detto l’ex ministro delle Infrastrutture – Non aveva senso fare un altro decreto per farselo respingere nuovamente”. Toninelli ha poi segnato una linea di demarcazione: “Un conto è la linea politica e io da ministro condividevo la linea politica di una maggior condivisione a livello europeo della ridistribuzione dei migranti, ma tutto questo si ferma e si conclude nella responsabilità amministrativa dei singoli. Dal momento della richiesta del Pos entra in gioco la responsabilità del ministero: due cose completamente diverse. In mare salvare vite umane è obbligatorio. Chi vede qualcuno che affoga deve prestare soccorso”. Toninelli diede pure la disponibilità a fare scortare la nave della Ong in un porto spagnolo: “Fui contattato dal mio omologo spagnolo – ha raccontato – che si era detto disponibile all’apertura di un pos (porto sicuro ndr) che però, poi, non andò a buon fine. Eravamo anche disposti ad accompagnare i migranti in un porto spagnolo. Da ministro cercai di fare di tutto per trovare una soluzione definitiva. Se alla richiesta di pos si fosse aperto un porto italiano, non avrei offerto la disponibilità di portare i profughi in Spagna, l’ho fatto solo perché il Viminale non concedeva un porto italiano”.

La versione dell’ong – Incalzato dall’avvocata Bongiorno che lo ha sottoposto ad alcune affermazioni postate sui social, l’ex capo delle Infrastrutture ha ammesso che “ci furono varie violazioni di legge, la Ong spagnola non si comportò in maniera corretta”. “Toninelli dovrà dimostrare le sue affermazioni. Abbiamo attivato tutte le procedure di legge o non saremmo qui. Ma siamo contenti che si possa fare luce sul nostro operato e su quello di tutte le Ong”, ribattono dalla Open Arms. E sul video dal sommergibile italiano: “Siamo molto sereni – confermano dalla Ong – che le immagini possano solo dimostrare la necessità del salvataggio in mare e il nostro comportamento più che corretto”. Alla prossima udienza, il 13 gennaio, a testimoniare per l’accusa saranno l’ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e gli ex ministri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio.

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