Ora che la proposta di legge di bilancio per il 2023 è stata licenziata dalla Ragioneria Generale, peraltro solo sotto gli aspetti formali, emerge ancora di più il carattere improvvisato della prima finanziaria Meloni, un patchwork di misure a tempo, scarsamente coordinate tra di loro, senza coperture adeguate, e nate sull’onda lunga di promesse elettorali difficili da mantenere.

In questo contesto non poteva mancare un ritocchino alla flat tax degli autonomi. Ecco allora che all’art. 13 fa il suo ingresso nel sistema tributario italiano un’altra piccola (o grande) vergogna: la flat tax incrementale per il lavoro autonomo e d’impresa. Non bastava la proposta di estensione della flat tax precedente dalla soglia dei 65.000 euro di fatturato agli 85.000, con una riduzione delle tasse notevolissima per questa fortunata, politicamente parlando, platea di contribuenti benestanti. Anche il partito della Meloni ha voluto porre il suo sigillo sul privilegio fiscale del lavoro autonomo e d’impresa. Il barile del consenso elettorale (vero o presunto) è stato raschiato fino in fondo, cosa che sembrava difficile.

Ecco allora una seconda flat tax per gli autonomi, anche se solo per il 2023. Il meccanismo di questa extra flat tax è molto contorto e i commercialisti che l’hanno pensato devono aver sudato le mitiche sette camicie per accontentare Fratelli d’Italia, il partito della riduzione incrementale delle tasse. Intanto c’è un limite di reddito di 40.000 euro, oltre al quale non si va. Poi si calcola il reddito di lavoro autonomo e d’impresa per il 2023. Terzo passo: si considera il reddito più elevato dei tre anni precedenti. Se la differenza è positiva, allora su questo reddito si calcola un’imposta piatta del 15%. Da ultimo, questa base imponibile incrementale deve essere ridotta del 5%. Una flat tax barocca verrebbe da dire. In definitiva il professionista o il lavoratore autonomo che per qualche ragione non avesse scelto il regime forfettario, può sperare in una aliquota piatta sul maggiore reddito del 2023 rispetto a quello degli anni precedenti. L’esito è una specie di Frankenstein fiscale: un miscuglio di Irpef e tassa piatta.

Questa volta, almeno, si evita l’ipocrisia della retorica della flat tax che semplifica. In effetti l’articolo 23 si trova nel Cap I che si intitola proditoriamente: Riduzione della pressione fiscale. Quanti saranno questi contribuenti amati dalla politica? Non è dato di sapere e nemmeno è possibile fare una stima del mancato incasso. Ma poiché tutta la finanziaria è in disavanzo, anche questa mancia di Natale 2023 agli autonomi è pagata da tutti gli italiani.

Si tratta di una riduzione fiscale meritata e doverosa? Pare proprio di no dal momento che la recente relazione ministeriale sull’evasione fiscale ha ufficialmente confermato che la tassa piatta degli autonomi favorisce l’evasione fiscale. Si riducono le tasse a coloro che evadono circa il 70% dell’imposta dovuta allargando ancora di più il solco tra evasori e tartassati. Lo scandalo fiscale è così forte che un’eco è arrivata persino nelle stanze più alte delle nostre istituzioni meritando un’attenzione anche da parte del Presidente della Repubblica.

Per quali motivi la destra italiana continua su questa strada palesemente incostituzionale, irrazionale e iniqua della flat tax? Quello che viene in mente è una forma di italico sovranismo fiscale. I sovranisti, come è noto, si appellano al popolo come autorità fondante. Naturalmente il popolo sono i loro elettori, tutti gli altri non contano. Data questa premessa, i sovranisti possono tranquillamente decidere di aggirare anche i principi costituzionali, in questo caso il principio della progressività dell’imposta. Confondendo ad arte il popolo con i suoi elettori, il leader sovranista esercita il potere in senso puramente elettoralistico. Ecco allora spiegato il curioso caso della seconda flat tax per gli autonomi e gli imprenditori.

I pericoli del sovranismo fiscale del governo Meloni sono tanti e sotto gli occhi di tutti. Un primo esempio si è avuto con la modifica improvvisa ed unilaterale della normativa sul superbonus fiscale, che ha creato ulteriore caos nel settore edilizio. Questi pericoli non derivano tanto dai provvedimenti economici che in ogni momento la compagine governativa può prendere in maniera del tutto legittima. La minaccia principale consiste nel clima di incertezza economica e fiscale che si viene a creare.

La sovranista Meloni in ogni momento può cambiare le regole del gioco a seconda degli interessi particolari dei numerosi clan elettorali che per ora la sostengono. I segnali sono evidenti e la flat tax incrementale del 2023 è solo un piccolo esempio. Un altro esempio sono le misure energetiche (21 miliardi) che scadranno a marzo. E dopo? Ai sovranisti evidentemente non interessa, il loro orizzonte temporale è molto corto. Comunque è certo che il sovranismo fiscale ci regalerà, purtroppo, molte sorprese perché la fantasia fiscale a fini elettorali non ha limiti, come l’esperienza ha ampiamente dimostrato.

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