Se il governo intende mettere in campo la “serrata lotta all’evasione” annunciata da Giorgia Meloni in Parlamento, farà meglio ad archiviare le promesse elettorali e ripensare gli interventi da inserire in legge di Bilancio, a partire dall’ampliamento della flat tax per gli autonomi. E se vuole rispettare gli obiettivi del Pnrr dovrà risolversi ad appoggiare misure che fino a pochi mesi fa la leader di FdI bollava come “Grande fratello fiscale“. È questo il messaggio che emerge dalla Relazione 2022 su economia non osservata ed evasione fiscale, scritta dal gruppo di esperti guidato da Alessandro Santoro e pubblicata sabato sul sito del ministero dell’Economia ora guidato da Giancarlo Giorgetti.

Il documento – consegnato più di un mese fa al governo Draghi – è molto tecnico ma i contenuti risultano urticanti per la maggioranza di centrodestra. Perché i numeri dicono che il problema non sono tanto i mancati pagamenti delle “grandi imprese” e le “grandi frodi sull’Iva” evocate dalla presidente del Consiglio, quanto la propensione a evadere dei lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, che nel 2020 hanno sottratto al fisco quasi il 70% di quello che avrebbero dovuto versare. L’imposta piatta del 15% riservata alle partite Iva con ricavi sotto i 65mila euro incoraggia questa tendenza: chi sceglie questo regime al posto dell’Irpef è incentivato a nascondere la parte di introiti che lo porterebbe a oltrepassare quella cifra. La commissione boccia senza appello anche la cedolare secca sugli affitti introdotta dal governo Berlusconi IV e sempre confermata dai successori: invece che far recuperare gettito l’ha ridotto, avvantaggiando soprattutto i contribuenti più ricchi.

La flat tax incentiva l’evasione – Pur con l’avvertenza che si tratta di risultati “preliminari” in corso di approfondimento, il capitolo sugli effetti del nuovo regime forfetario partito nel 2019 per volere della Lega contiene evidenze statistiche solide. L’analisi fatta dal dipartimento delle Finanze del Mef – da cui è ora in uscita la direttrice Fabrizia Lapecorella – in collaborazione con l’università di Catania, la Statale di Milano e l’università dell’Insubria mostra in tutti i settori (con l’unica eccezione delle industrie alimentari) “una forte discontinuità nella distribuzione dei ricavi intorno alla soglia dei 65mila euro per gli anni di imposta 2018 e 2019″. Che cosa vuol dire? Che quel tetto ha indotto i contribuenti ad autoselezionarsi, spiega la relazione, cioè a far di tutto per restare sotto la soglia in modo da godere della tassa piatta e pagare migliaia di euro in meno rispetto a un lavoratore dipendente. Morale: la flat tax, che Meloni vuole ampliare alzando il tetto verso gli 85mila euro, ha un rilevante impatto negativo sull’evasione delle partite Iva, in contrasto con l’ambizioso obiettivo del Pnrr di ridurre il tax gap, cioè la differenza tra il gettito atteso e quello effettivo, dal 18,5% del 2019 al 17,6% nel 2023 e al 15,8% nel 2024.

A rischio gli obiettivi del Pnrr – “Quello che preoccupa del gap Irpef del lavoro autonomo è la tendenza: da anni continua non solo a non scendere ma addirittura ad aumentare, mentre quello complessivo cala”, chiosa Santoro. Stando alle stime aggiornate, nell’anno del lockdown la cifra sottratta dagli autonomi all’erario è scesa in valore assoluto a 27,6 miliardi dai 32 dell’anno prima, ma la propensione a sfuggire al fisco è salita al 68,7% dal 68,3 del 2019. Nel 2015 si fermava al 65,1%. L’andamento è in smaccata controtendenza rispetto al recupero dell’evasione Iva, per la quale il divario tra il gettito teorico e quello reale grazie a split payment e fatturazione elettronica è sceso dal 26,6% del 2015 al 19,3% (23,1 miliardi), e all’andamento del gap complessivo che si è ridotto del 3% tra 2015 e 2019. Dati positivi, che però potrebbero non bastare per centrare i target del Recovery plan – avverte l’economista che guida il gruppo incaricato di scrivere la relazione – se il governo non riuscirà a invertire la rotta anche sull’Irpef.

La cedolare secca ha avvantaggiato i ricchi – Si vedrà se il neo titolare del Tesoro, che ha dato via libera alla pubblicazione della Relazione insieme alla Nadef programmatica, ascolterà il consiglio. Di certo il ministro leghista, che ha fermato il deficit 2023 al 4,5% del pil ed è a caccia di altre risorse per finanziare prepensionamenti e riduzione del cuneo fiscale, potrebbe recuperare circa 1,5 miliardi abolendo la cedolare secca del 21% sui redditi da locazione. Quella particolare flat tax, introdotta nel 2011 dall’ultimo governo Berlusconi e da allora sempre confermata, “è stata un ingiustificato regalo ai ricchi possidenti immobiliari, ai rentier“, riassume Santoro. “Il dipartimento Finanze era già arrivato alla conclusione che l’effetto di emersione era stato molto piccolo rispetto alla perdita di gettito causata dalla minore aliquota. Ora sappiamo anche che l’emersione ha riguardato soprattutto i contribuenti con pochi immobili. I più ricchi, che magari di case ne hanno una decina e le fanno gestire da un’agenzia, hanno avuto solo un beneficio secco”. Le cifre? In base alla relazione, “circa il 60% di tutta la riduzione delle tasse è andata a vantaggio del 10% dei contribuenti più ricchi“.

Le proposte sull’incrocio dei dati (in contrasto con le idee del governo) – Non può non creare imbarazzo nella nuova maggioranza, infine, la parte finale della Relazione dedicata alle strategie presenti e future di prevenzione e contrasto dell’evasione, in particolare quella “con consenso”. Il tipico caso in cui un fornitore di servizi offre uno sconto e “in cambio” non emette fattura. La ricetta degli esperti è in aperto contrasto con le posizioni della premier e degli alleati sui pagamenti tracciabili e sull’utilizzo dei dati a disposizione dell’amministrazione per scovare chi evade. Gli esperti ricordano che tra i pilastri del piano per l’attuazione del Pnrr ci sono “selezioni più mirate dei contribuenti a maggiore rischio di evasione” grazie all'”adozione di strumenti di data analysis più avanzati e all’interoperabilità delle banche dati”. Mentre intensificava l’invio delle lettere di compliance (2,5 milioni quelle previste per quest’anno), ricapitolano, l’Agenzia ha messo a punto la pseudonimizzazione dei dati” dei contribuenti in modo da renderli non identificabili se non quando emergono segnali di allarme e ha ottenuto il via libera del Garante privacy. Ora, a meno che da Chigi non arrivi l’ordine di invertire la rotta, dovrebbe partire l’uso di software ad hoc in grado di incrociare i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli dell’Archivio dei rapporti finanziari e delle fatture elettroniche.

Non solo: per il futuro, la relazione torna a suggerire alcune misure che il governo Draghi non ha messo in atto ma che secondo il dipartimento Finanze sarebbero un toccasana per ridurre l’evasione da omessa fatturazione. Dopo le sanzioni per chi non accetta il pos e l’obbligo di trasmettere ogni giorno alle Entrate l’importo delle transazioni con carta, si auspica per esempio che le lettere di invito all’adempimento spontaneo siano trasformare in titoli che consentano di “ravvedersi” e pagare subito il dovuto e che il fisco venga autorizzato a raccogliere ed elaborare informazioni dal web e dai social, come già succede in Francia.

Meloni ha cambiato idea? – Come la pensasse Meloni fino a poco tempo fa è noto: nel luglio del 2021 aveva gridato allo scandalo perché “il governo vuole autorizzare l’Agenzia delle Entrate-Riscossione a effettuare un accesso massivo all’Anagrafe dei rapporti finanziari per vedere in tempo reale la giacenza sui conti correnti ed effettuare i pignoramenti. Un meccanismo che viola la privacy di milioni di contribuenti”. Da quando si è insediata al governo, pur avendo apertamente attaccato le Entrate, di questo non ha parlato: ha preferito concentrarsi su cavalli di battaglia come pace fiscale e innalzamento del tetto al contante. Chissà se è un indizio il fatto che ci sia la sua firma, insieme a quella di Giorgetti, sul Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione, anch’esso allegato alla Nadef: lì dentro, ricapitolando gli obiettivi del Recovery, si riprende senza modifiche il passaggio della Relazione dedicato al miglioramento della qualità dei controlli. Spiegando che “si baserà sul potenziamento delle tecniche innovative di analisi dei dati, valutazione del rischio di non compliance e monitoraggio dei comportamenti di soggetti a elevata pericolosità fiscale, anche grazie all’utilizzo di software specialistici che consentono l’applicazione di metodologie quali il machine learning, il text mining e la network analysis”.

Il momento della verità sarà comunque l’atto di indirizzo sulla politica fiscale di Giorgetti e il probabile cambio al vertice dell’Agenzia. Santoro non fa previsioni ma annota: “Ci sono dei vincoli esterni legati all’obiettivo di riduzione del tax gap. Se la Commissione potrà accettare qualche modifica sugli investimenti del Pnrr, mi pare difficile che possa giustificare un allentamento della lotta all’evasione”.

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