Come è facile constatare dalla cronaca quotidiana il cantiere della, o delle, flat tax è sempre aperto nella forsennata ricerca da parte della classe politica di bonus fiscali da vendere come bonus elettorali o di consenso. Questa volta tocca alla premier Giorgia Meloni.

Come sarà la flat tax degli autonomi ad alto reddito della premier promessa, peraltro, dalla Lega di Matteo Salvini? Si prospetta di alzare l’asticella del reddito forfettario a 85.000 euro dagli attuali 65.000 con la medesima aliquota del 15%. Non sono i 100.000 euro promessi da Salvini, ma comunque si tratta di un bel salto in avanti. I ricchi professionisti, che più di altri beneficeranno di questa riduzione delle tasse ad hoc, risparmieranno dai 10.000 ai 15.000 euro netti annui di imposta, una notevole rendita regalata dalla politica.

Quanti sono questi fortunati beneficiati del fisco “spingi e vinci”? Difficile dirlo perché bisognerebbe avere dei dati aggiornati. Comunque sappiamo che dei 4 milioni di lavoratori autonomi, già due milioni sono confluiti nel forfettario. Un milione sono transitati con la flat tax originaria di Ignazio Visco del 2008 e un altro milione con quella molto più generosa del 2019 di Giuseppe Conte.

Alzando ancora l’asticella del fatturato, probabilmente 2-300 mila autonomi usciranno molto volentieri dal perimetro dell’Irpef ad aliquote, la tassa di tutti gli altri italiani. Quali siano le ragioni specifiche di questo trattamento fiscale ultra favorevole per una ristretta cerchia di contribuenti non è dato di sapere.

Quello che invece vale la pena di notare è che recentemente si sono aggiunti altri due motivi per considerare questa flat tax, e la sua probabile estensione, una vergogna del nostro sistema fiscale, da eliminare o almeno da ridimensionare riportandola al suo significato originario di opera di semplificazione fiscale.

Il primo motivo, anche se in maniera implicita, è stata offerto dal ministro dell’Economia. Dalla stesura della Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) abbiamo appreso che la manovra finanziaria dell’anno prossimo sarà finanziata in disavanzo. Un disavanzo quantificato in una ventina di miliardi e più. Una parte, grande o piccola non è ancora chiaro, sarà destinata alle politiche fiscali, cioè agli interventi di agevolazione fiscale promessi copiosamente in campagna elettorale.

Ora il governo scopre che le promesse fatte sono irrealizzabili e quindi cerca di correre al riparo con degli aggiustamenti. Da qui l’abbassamento dell’asticella del reddito dai 100.000 (promessi) agli 85.000 euro. Questo provvedimento produrrà una diminuzione delle tasse per pochi che sarà finanziata con un disavanzo pagato da tutti, nuovo deficit per creare privilegi fiscali. Fare deficit per ridurre le tasse per i redditi elevati è una novità anche per il distorto fisco italiano. Non penso che la premier che proviene dalla destra sociale sia felice di questo, ma è ostaggio politicamente dell’hybris fiscale del suo scomodissimo alleato Salvini.

Il secondo motivo è la conferma ufficiale di quanto si diceva da tempo. Non occorreva avere una grande conoscenza dei meccanismi fiscali per prevedere che la flat tax degli autonomi in salsa salviniana sarebbe stato un potente veicolo di evasione fiscale. Per avere informazioni su questo punto delicato, si attendeva la relazione annuale del gruppo di esperti sull’evasione fiscale che Mario Draghi aveva ritardato.

La relazione è stata finalmente pubblicata e a pag. 7 si legge come la nova normativa sui forfettari: “Evidenzi un effetto di autoselezione dei contribuenti con ricavi e compensi al di sotto della soglia massima di 65 mila euro al fine di usufruire dell’imposta sostitutiva prevista dal regime forfetario”. In parole piane, molti professionisti e lavoratori autonomi hanno sottofatturato, cioè sono passati al nero, semplicemente per non superar la fatidica soglia.

In un contesto di un’evasione fiscale che vede il lavoro autonomo e di impresa evadere il 70% delle imposte dovute, si è aggiunto un ulteriore meccanismo che incentiva una atavica e italica disonestà fiscale, o il tax gap per usare l’inglesismo asettico della relazione della commissione. Con la nuova proposta, il meccanismo non cambia e la linea della Caporetto fiscale per lo Stato viene semplicemente alzata a 85.000 euro, con un nuovo effetto di allineamento all’economia sommersa.

Tenendo conto di questi dati, un governo serio si sarebbe preso una pausa per capire come andare avanti con la strategia della flat tax, per non creare buchi di bilancio e voragini morali tra contribuenti. Ma non pare che questo sia il caso, almeno per ora.

C’è però un piccolo barlume di ottimismo in questo caos fiscale e morale delle flat tax e ci viene dall’Europa. Questo ennesimo privilegio fiscale non passerà inosservato e dovrà essere autorizzato dalla Commissione Europea. Commissione che aveva già storto il naso nel 2019 e aveva autorizzato l’estensione ai 100.000 euro di fatturato solo nel 2025 (e con aliquota al 20%) anche per verificare i risultati dei primi anni di applicazione del nuovo sistema. Ora il risultato è arrivato: gli esperti dicono che la flat tax salviniana alimenta l’evasione fiscale.

Poiché tra gli obiettivi del Pnrr indicati dall’Italia c’è proprio il contrasto all’evasione, a rigor di logica, la flat tax della Melonieconomics dovrebbe essere tranquillamente bocciata in Europa. Non solo per motivi morali, ma principalmente di cassa. Quest’anno la crescita dell’economia italiana è del 3%, l’anno prossimo secondo le previsioni scenderà allo 0,3 %, con una riduzione di dieci volte e cioè del 1000%.

Con l’inflazione che avanza, portando con sé l’aumento automatico della spesa per pensioni e quella per interessi, i margini fiscali saranno ancora più stretti l’anno prossimo. Se quest’anno le acque della finanza pubblica sono state agitate, l’anno prossimo saranno tempestose. La flat tax degli autonomi deve ritornare ad essere quello che era, cioè uno strumento per facilitare il loro lavoro attraverso la semplificazione amministrativa e non la scappatoia dei furbi, che poi sono sempre i soliti, per pagare meno tasse.

Ma sono sicuro che la Meloni ha già un sicuro alibi: se i professionisti benestanti non potranno lucrare sul debito pubblico italiano sarà colpa dell’Europa. Per i contribuenti onesti invece questo sarà un ulteriore merito.

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