di Matteo Maria Munno

In questo periodo ci sono gruppi Whatsapp meno attivi, trattative meno accese e una sensazione di vuoto: è iniziato il Mondiale in Qatar. Un Mondiale atipico visto il tempo e visto lo spazio: sarebbe bello aggiungere alla sua atipicità l’assenza dell’azzurro ma siamo già a quota due Mondiali da spettatori. Questo ruolo però non sembra nemmeno calzarci più a pennello: è notizia di questi giorni che la partita d’apertura dei Mondiali qatarioti abbia superato lo share dell’amichevole giocata – e persa dopo 62 anni dall’ultima volta – contro l’Austria.

Disamoramento a parte per la maglia azzurra, quello che trapela da bar e social è un placido distacco dal Mondiale, come se non fosse più l’appuntamento più importante della disciplina. Eppure oggi seguire una competizione di questo tipo è semplice, quasi ridondante. App dedicate, contenuti esclusivi, iniziative social: tutto sembra volerci proporre qualcosa che in Italia oggi sta interessando meno persone.

Meno spazio ai risultati e più spazi ai retroscena: dall’educazione dei tifosi nipponici agli origami lasciati negli spogliatoi passando per il gesto della Mannschaft e la polemica sulla fascia arcobaleno. Oggi il pallone sembra rotolare in sottofondo, all’interno di stadi che a tratti sono silenziosi e che non sembrano affatto ospitare una manifestazione di questa portata.

Sull’ondata della nostalgia sembrano lontani i tempi in cui l’Europeo infiammava bacheche, strade e spazi con i suoi risultati, i meme e tuto ciò che consegue da un appuntamento sportivo che coinvolge milioni di persone. Un qualcosa che potrebbe essere legato alla presenza o meno della Nazionale, anche se sembra più il nascondersi dietro un dito.

Pur volendo oggi seguire il Mondiale è complesso, sono cambiati i tempi: immagina incastrare delle call per poter vedere la partita del mattino o quella delle 16, slot che sarà dedicato anche alla finale della competizione. Potrebbe essere l’occasione per condividere nuovi momenti in ufficio? Forse. Potrebbe invece creare un po’ di scompiglio nella gestione dello smartworking? Anche. Una volta però il Mondiale non era un’occasione da incastrare, ma era un momento di condivisione e unione: della serie “per 90 minuti il mio problema è il pallone”.

Certo, ci sono appuntamenti che richiedono organizzazione, come le Finals NBA o il SuperBowl: sono delle costanti e sono più duri delle polemiche che ogni volta si sviluppano attorno a loro. Questo Mondiale invece vive di una pressione esterna più forte della singola prestazione. Un esempio? Fa più notizia la rescissione del contratto di Cristiano Ronaldo dal Manchester United che le prestazioni del Portogallo, la sua Nazionale. Su quest’ultima contrapposizione c’è anche un episodio interessante: lo stesso CR7 in una conferenza stampa individuale ha chiesto di non dar peso solo a lui ma di parlare solo di Mondiale con i connazionali, ça va sans dire.

In un Mondiale così atipico, speriamo in un evento strettamente sportivo che ci faccia ricordare quanto è importante quel pallone che rotola sullo sfondo da qualche riga più su.

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