Immagini orribili, di “violenza estrema“, di “squartamenti e decapitazioni”, abusi sessuali su bambini, “simbologie naziste” e altri orrori. Erano scambiate su una chat frequentata da circa 300 persone, creata da studenti universitari milanesi. Nata come una banale chat dai contenuti frivoli, quella creata dagli studenti di un ateneo milanese, è diventata un luogo virtuale con immagini sempre più raccapriccianti. Le indagini hanno visto la collaborazione dei dei Comandi della Polizia Locale di Milano, Rozzano, Saronno e Melzo. Gli accertamenti della Polizia locale di Sesto San Giovanni, coordinate dalla Procura di Milano, sono partite dalla segnalazione di uno studente universitario milanese che, all’interno della chat, si è imbattuto nella fotografia di una neonata vittima di violenza sessuale. È stato lui a far partire l’inchiesta ormai nel 2020. Ora a Milano è in corso un processo in cui sono imputati studenti universitari, residenti in diverse città della Lombardia, accusati di divulgazione, detenzione e cessione di materiale pedopornografico. Per la procura sono loro ad aver organizzato la chat.

Due minorenni, inoltre, sono imputati a L’Aquila, per gli stessi reati. Sulle loro posizioni è competente il Tribunale per i minorenni della città abruzzese. Nel corso delle indagini la Polizia locale di Sesto, con la collaborazione degli agenti dei Comandi di Milano, Rozzano, Saronno e Melzo, ha sequestrato una mole di materiale informatico nelle case degli studenti coinvolti. Grazie alle analisi condotte dagli esperti in Digital Forensic del Nucleo Reati Informatici della Polizia locale di Milano sono emerse migliaia di immagini proibite, destinate alla divulgazione in rete. Gli stessi investigatori che verranno ascoltati come testimoni nel corso del processo, come racconta Il Giorno, sono rimasti “particolarmente provati” dall’analisi delle immagini. Nello scenario si inserisce anche la divulgazione di simboli nazisti. Indagini analoghe, in altre parti d’Italia, hanno coinvolto di recente altri gruppi di giovanissimi, spesso minorenni. L’ultima frontiera è infatti la pubblicazione nelle chat su WhatsApp, Telegram, come testimonia l’indagine di Genova che oggi ha portato a tre arresti – e altre piattaforme di immagini dell’orrore estrapolate dal dark web. Pubblicazione che, in alcuni casi, scatena una sorta di “gara” a chi condivide la fotografia più raccapricciante. Il personale del Nucleo Operativo di Polizia Giudiziaria di Sesto, peraltro impiegato anche in trasferta nel territorio abruzzese, ha ‘bonificato’ smartphone e dispositivi informatici, interrompendo la diffusione in Rete del materiale pedopornografico

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