Un’insegnate siciliana ha smesso di lavorare nel 2006, ma da allora, per 12 anni, ha percepito sia lo stipendio che la pensione. È la vicenda di una docente della scuola Giovanni Paolo I, di Belpasso, in provincia di Catania. In oltre un decennio, fino alla morte della donna, avvenuta a marzo del 2019 all’età di 78 anni, nessuno si è accorto dell’errore o ha segnalato l’anomalia. Ciò ha determinato un danno erariale complessivo di 289.805 euro.

La storia è emersa grazie a un’azione giudiziaria della ragioneria dello Stato che cerca di recuperare dagli eredi 72mila euro, le somme non ancora prescritte. La vicenda “surreale”, così la definiscono nella sentenza i giudici della Corte dei conti, sarebbe nata da un errore della dirigente scolastica della Giovanni Paolo I e della dirigente amministrativa, come stabilito dai giudici contabili, presieduti da Giuseppe Aloisio.

La dirigente scolastica, processata con rito abbreviato, ha pagato quasi 11mila euro, pari al 30% dell’importo richiesto dal procuratore regionale Pino Zingale. L’altra responsabile è stata condannata a risarcire la somma di 18mila euro: il 50% dell’importo contestato. Secondo i magistrati, l’insegnante ha continuato a percepire la doppia somma perché “la dirigente scolastica – scrivono i giudici – avrebbe dovuto sottoscrivere il modello D con il quale l’istituto comunicava agli organi competenti – allora al dipartimento provinciale del Tesoro – il collocamento in quiescenza del personale assegnato alla scuola, al fine di interrompere il pagamento dello stipendio e attivare il pagamento della pensione”. La responsabilità della dirigente scolastica non può essere attenuata, secondo i giudici, dal fatto che, nel periodo interessato, fosse in congedo e quindi momentaneamente sostituita. “Appena rientrata avrebbe dovuto, infatti, accertarsi della trasmissione del modello D”, si legge nella sentenza. I finanzieri che hanno ispezionato l’istituto scolastico hanno trovato il modello nel fascicolo dell’insegnante, con all’interno il foglio mai spedito.

La dirigente amministrativa si è difesa nel processo contestando i mancati controlli a monte che si sono protratti per circa 12 anni. Nessuno in tutti questi anni ha riscontrato la macroscopica irregolarità. La professoressa, morta nel 2019, ha continuato a percepire lo stipendio “nonostante avesse 78 anni, – scrivono i giudici – senza che nessuno notasse l’anomalia costituita dal fatto che veniva corrisposto un emolumento stipendiale a un soggetto di età anagrafica assolutamente incompatibile con lo stesso”. Anche la dirigente amministrativa avrebbe voluto accedere al rito abbreviato. Ma la sua proposta di versare 5mila euro è stata giudicata “inammissibile” dai giudici, per “l’inadeguatezza della somma offerta”. Dopo la condanna delle due dirigenti, l’azione di recupero dei 72mila euro da parte della Ragioneria dello Stato nei confronti degli eredi resta molto complessa, poiché incombe il rischio della prescrizione.

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