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Antonio Dikele Distefano: “I neri di seconda generazione si sentono italiani al 100%, lo Stato invece non li rappresenta” – Ecco perché Autumn Beat è importante

Il primo lungometraggio dello scrittore, autore, sceneggiatore Antonio Dikele Distefano racconta di una famiglia e di due fratelli neri di seconda generazione alle prese con i sogni, la musica rap e i sentimenti. Un invito al riscatto, ma con un messaggio sociale e politico urgente

di Andrea Conti

Questo film è importante perché racconta Milano e una famiglia nera che cambia nel tempo”. Queste poche parole racchiudono il debutto alla regia dello scrittore, autore, sceneggiatore e direttore di Esse Magazine (una delle riviste digitali più autorevoli della cultura urban in Italia) Antonio Dikele Distefano. Il film “Autumn Beat”, disponibile su Prime Video dal 10 novembre, è un ritratto importante della musica rap e della seconda generazione di neri in Italia. La storia ruota attorno ai fratelli Tito e Paco, cresciuti a Milano con lo stesso sogno: sfondare nel mondo del rap. Paco è un performer nato mentre Tito è dedito alla scrittura. L’ambizione, la vita e l’amore per la stessa donna metteranno alla prova il loro legame, in una storia lunga tre decenni. Tra le guest star del film, tra gli altri, Guè nel ruolo di un manager, mentre Sfera Ebbasta e Ernia appaiono in performance musicali. Nel cast c’è anche il rapper Tredici Pietro, il figlio di Gianni Morandi.

Perché il film si chiude con una frase: “20 anni fa io e la mia famiglia dormivamo per strada, non smettete mai di credere ai vostri sogni”?
È tutto vero. Il senso è che la vita ricomincia sempre e lo si vede anche dalla suddivisione in capitoli di questo film. È verissimo che con la mia famiglia abbiamo anche dormito per strada, eravamo a Ravenna. Ti racconto un aneddoto: un giorno eravamo in un giardino con mia madre e mia sorella, una signora ha visto mia madre per strada e ha iniziato a parlarle in inglese. Ci ha caricato in macchina e ci ha portato a vivere da lei finché papà non è tornato dalla Puglia. Siamo sempre rimasti con un approccio positivo alle cose ed è così che bisogna fare. Insistere sempre fino a qualcuno qualcuno creda in te e si interessi a ciò che fai.

Si parla di figli, i fratelli e i padri. Da dove nasce l’esigenza di porre al centro del tuo film la famiglia?
Perché le famiglie cambiano col tempo, si evolvono e lasciano il passo alle altre generazioni. La famiglia, per come l’ho vissuta e intesa io, non è quella cattolica-cristiana, ossia quella di sangue e al centro di tutto. Io la famiglia la vedo come quella allargata agli amici, ma anche i vicini di quartiere. Insomma un modello più evoluto ed aperto.

Guè è un manager che mette spalle al muro con il contratto Paco dicendogli: “O si fa così o niente”. Un atto d’accusa verso i metodi della discografia?
No. Qui è importante il contesto storico. Siamo nel 2010 quando c’era un mondo discografico totalmente diverso da quello di oggi. In quel caso la major fa capire a chi si affaccia nella musica come funzionano le cose, quali siano gli step per evolversi nel percorso e come far funzionare la carriera. Oggi, invece, abbiamo una serie di realtà indipendenti che procedono in altro modo e con un’altra filosofia.

La seconda generazione di neri nel nostro Paese per diventare cittadini italiani e ottenere lo ius soli devono aspettare la maggiore età. Non è discriminante?
Lo Stato non rappresenta la società. Possiamo dire che il Governo rappresenta l’Italia di oggi? Le generazioni attuali sono molto più avanti di quanto lo sia lo Stato. I ragazzini parlano italiano, si sentono italiani e tifano anche per la Nazionale italiana. Quando ero adolescente ho esultato quando l’Italia perdeva sul campo.

Perché?
Perché sentivo di vivere in un posto che non mi rappresentava.

Invece le nuove generazioni sono diverse?
Sì. Lo vedo dai miei nipoti che hanno una identificazione radicata nell’Italia. Anche nella musica ci sono state piccole rivoluzioni. Se si pensa al successo di Ghali e al messaggio di speranza che ha dato a chi, di origini tunisine come lui, è nato e vive in Italia da anni.

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