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Gobbo, con cervello piccolo e mani come artigli: ecco come la tecnologia ridurrà l’uomo del 3000

Una ricerca commissionata dalla Toll Free Forwarding ha creato al computer un modello 3D dell'uomo del futuro, mostrando come la tecnologia potrebbe cambiarne i connotati

di Emanuele Corbo

Gobbo, con il collo basso e spesso, mani come artigli e un cervello più piccolo. Sono solo alcune delle caratteristiche che l’uomo del futuro potrebbe avere a causa della presenza sempre più invasiva della tecnologia nella sua vita. Questo, almeno, lo scenario prospettato dalla ricerca commissionata dalla compagnia telefonica americana Toll Free Forwarding. D’altronde la specie umana non smette di evolversi in base ai bisogni e alle abitudini che sviluppa nel corso del tempo. Così, entro l’anno 3000, a determinare l’evoluzione anatomica dell’uomo potrebbero essere i dispositivi che già oggi fanno parte della vita di tutti noi. Da tempo si discute delle ripercussioni fisiche derivanti da un uso intensivo di computer e smartphone; quel che la ricerca ipotizza è però a dir poco inquietante.

Per avere un’idea di quel che potrebbe accadere in futuro basta dare un occhio a Mindy, la donna creata al computer in 3D dai ricercatori. Una bellezza che oggi non raccoglierebbe nemmeno mezzo like. Mindy ha infatti schiena ricurva, collo schiacciato e proteso in avanti come le spalle. Questo perché a pagare il prezzo di una simile evoluzione sarà innanzitutto la colonna vertebrale. Guardare costantemente lo smartphone o lo schermo del pc richiede un considerevole sforzo alle parti del corpo che determinano la postura. I muscoli del collo vengono messi a dura prova per sostenere il peso della testa, e il busto si curva in avanti invece che restare eretto e allineato.

Potrebbe cambiare anche l’aspetto delle mani, sempre impegnate a reggere lo smartphone e a scrollare senza sosta in cerca degli ultimi contenuti: per questo diventerebbero più simili ad artigli. Che dire poi della testa? Lo scheletro del cranio, secondo la ricerca, diventerebbe più spesso per proteggerci dalle onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi. Il cervello, però, potrebbe ridursi di dimensioni perché delegando sempre più operazioni agli strumenti tecnologici avrebbe meno bisogno di funzionare per sopravvivere. L’uomo del futuro, infine, potrebbe sviluppare una terza palpebra come forma di difesa dagli effetti della prolungata esposizione alla luce dei device, quali mal di testa e affaticamento della vista.

Va detto che i tratti di Mindy sono un’esasperazione, e di certo non possiamo sapere quali strade prenderà l’evoluzione tecnologica in futuro. Allo stesso modo non siamo in grado di prevedere se alcune delle caratteristiche viste finora si riveleranno vantaggiose evolutivamente parlando al punto da essere selezionate geneticamente. Sicuramente la tecnologia farà sempre parte della vita delle prossime generazioni, e in qualche modo le “plasmerà”. Si arriverà ai livelli di Mindy? Difficile dirlo, ma in ogni caso non è un problema che riguarda noi, nel 2022.

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