Chi è stato a voler escludere le intercettazioni preventive come mezzo per indagare sugli organizzatori dei rave party? La premier Giorgia Meloni? O il vice Antonio Tajani? Una domanda legittima, che oggi si pongono diverse migliaia di italiani. Almeno quelli che hanno preso in mano una copia di Repubblica e una del Corriere della Sera. Secondo il quotidiano degli Elkann è stato Tajani a bloccare quella che era una proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. “Scusate questa cosa delle intercettazioni come strumento di indagine sui rave party non mi trova d’accordo. Si tratterebbe di una misura molto invasiva”, avrebbe detto durante il Consiglio dei ministri il braccio destro di Silvio Berlusconi. Una posizione, condivisa dalla premier, che a quel punto sarebbe intervenuta. “Hai ragione, Antonio, pensiamoci bene”. È per questo motivo che alla fine il governo non avrebbe inserito la possibilità di usare le intercettazioni preventive nel nuovo reato che punisce chi organizza i rave con un pena fino a sei anni di carcere. Almeno secondo il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, che anche oggi esce senza le firme in calce agli articoli, per lo sciopero dei giornalisti.

La stop di Tajani o quello di Meloni? – Secondo il Corriere della Sera, invece, il merito di aver limitato la stretta è da ascrivere solo alla capa dell’esecutivo. “Quando il responsabile del Viminale Piantedosi ha illustrato il provvedimento anti rave, immaginando per il contrasto al fenomeno anche ‘il possibile uso delle intercettazioni’, la premier ha prima strabuzzato gli occhi e poi – con un sorriso – ha detto ‘no, le intercettazioni no. Quelli so’ ragazzi. Se lo facessimo, rischieremmo di equipararli ai reati di mafia e terrorismo“, è la ricostruzione che fa Francesco Verderami del Consiglio dei ministri di ieri, dove – secondo il giornalista del quotidiano di via Solferino – è regnato “un clima collaborativo, così sereno che a qualcuno è parso ‘un po’ surreale’ visti i trascorsi tra la leader di FdI e gli alleati”.

Un Cdm, tre ricostruzioni – Una ricostruzione ancora diversa è quella che ha fatto ieri sera anche l’Ansa. Secondo l’agenzia di stampa durante il Cdm non si è discusso solo di usare i tradizionali ascolti telefonici, ma sono stati presi in considerazione anche i messaggi via whatsapp e le videochiamate tra i mezzi da usare per contrastare il fenomeno dei rave. E dunque, si presume, persino l’uso del trojan sui telefoni degli organizzatori dei raduni. Ed è su questo punto che si è aperta una discussione interna all’esecutivo, coi ministri di Forza Italia – e dunque non solo Tajani – che avrebbero chiesto cautela. Insomma, sullo stesso identico argomento dibattuto durante il Consiglio dei ministri sono state fornite tre diverse ricostruzioni. L’impressione è che, già al primo Cdm vero, sia in corso una “guerra di veline”: da una parte c’è chi tenta di mostrare Meloni come la premier “illuminata” di un governo che viceversa sarebbe pronto persino a intercettare i ragazzi. Dall’altra c’è la componente di Forza Italia, vera e proprio spina nel fianco della maggioranza in questo esordio di legislatura: dalle liti di Silvio Berlusconi con Ignazio La Russa al Senato, alle frizioni per l’esclusione di Licia Ronzulli dal governo fino a quella di Giuseppe Mangialavori dal sottogoverno. La sensazione è che le lotte intestine all’esecutivo siano appena cominciate.

Che tipo di intercettazioni sono possibili? – Un paragrafo a parte merita la questione delle intercettazioni. Visto che la nuova norma approvata dal governo punisce chi organizza rave con una pena fino a sei anni, vuol dire che gli ascolti sono utilizzabili, se il giudice per le indagini preliminari le autorizza, come avviene per tutti i reati che prevedono pene superiori ai cinque anni. Dunque, indipendemente dal fatto che sia arrivato da Meloni o Tajani, lo stop all’interno del Cdm ha riguardato le intercettazioni preventive, quelle cioè perviste per i reati che destano allarme sociale, di criminalità organizzata, di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale. In questo caso l’ascolto, ma pure l’intercettazione dei messaggi e delle chat, può avvenire prima ancora che il reato sia stato commesso e già in seguito a un sospetto degli investivatori. In pratica gli organizzatori dei rave sarebbero stati equiparati a boss delle organizzazioni criminali e ai terroristi.

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