Da ieri mattina, le città strategiche di Rutshuru e Kiwanja, nella provincia congolese del Nord Kivu, sono sotto il controllo del gruppo di miliziani legato al Ruanda M23, il Mouvement 23 Mars: i due comuni si trovano sulla route nationale 2, l’importante asse stradale che collega il capoluogo Goma con il nord della provincia e con il confinante Uganda. La stessa strada che fu teatro dell’imboscata che un anno e mezzo fa costò la vita all’ambasciatore italiano Luca Attanasio, al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all’autista del Programma Alimentare Mondiale Mustapha Milambo. Quella stessa strada che tre mesi dopo fu tagliata in due dall’eruzione del vulcano Niyragongo e che oggi è in parte occupata dai guerriglieri dell’M23.

Secondo alcune fonti locali, sotto il loro controllo ormai ci sarebbero non solo le città di Rutshuru e Kiwanja, situate 70 chilometri a nord di Goma, ma elementi dell’M23 sarebbero segnalati anche a Rugari in direzione Rumangabo, sede di una grossa base dell’esercito regolare congolese (Fardc) e anche del quartier generale del Parco Nazionale dei Virunga, nonché a pochissima distanza dal luogo detto Trois antennes dove è stato ucciso l’ambasciatore. Inutile sottolineare che il luogo, mai visitato dagli inquirenti italiani per un sopralluogo, diviene così praticamente inaccessibile.

L’M23, che nel 2012-2013 aveva nello stesso modo minacciato l’integrità territoriale della RdCongo, giungendo alle porte di Goma, ma era poi stato sconfitto, da fine 2021 si è riorganizzato ed è tornato in forze a minacciare il grande vicino: da giugno occupa la cittadina strategica di Bunagana, sul confine con l’Uganda. A nulla sono valsi i flebili tentativi di contrastare l’avanzata da parte dell’esercito regolare congolese (Fardc) e degli stessi caschi blu della missione Monusco: feriti quattro caschi blu marocchini e decine di migliaia di sfollati in fuga, ma secondo alcune fonti locali ci sarebbero anche tre morti. Secondo l’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (Ocha), sarebbero 35mila le persone che sono fuggite negli ultimi due giorni verso sud, da Rutshuru al villaggio di Kanyaruchinya, a nord di Goma. E dalle posizioni sotto il suo controllo, adesso, l’M23 potrebbe anche arrivare a Goma senza alcuna difficoltà.

Di fronte a questa operazione, nella serata di sabato è giunta la notizia che Vincent Karega, ambasciatore rwandese in Repubblica Democratica del Congo, è stato dichiarato persona non grata e ha 48 ore di tempo per lasciare il Paese. La decisione è stata annunciata dal portavoce del governo congolese e ministro delle comunicazioni, Patrick Muyaya, al termine di una riunione allargata del Consiglio superiore della Difesa riunitosi d’urgenza, alla presenza del presidente Felix Tshisekedi. Annunciate ulteriori misure in arrivo nei prossimi giorni, come restrizioni di accesso al territorio congolese, ed è stato anche preannunciato un discorso alla nazione da parte del presidente Tshisekedi.

Secondo quanto affermato ieri, le autorità congolesi avrebbero evidenze, in particolare provenienti dalle informazioni ottenute con l’uso di droni, che dimostrerebbero l’arrivo massiccio di truppe rwandesi sul suolo congolese già da alcuni giorni a supporto dell’M23. A questa informazione ufficiale si aggiunge la notizia data dalla stampa locale, che cita fonti della società civile, secondo cui tra le fila dell’M23 è stato visto il generale John Numbi, ex capo della polizia nazionale congolese ed ex longa manus dell’ex presidente Kabila in molti affari sporchi, che dallo scorso anno è ricercato dalle autorità come mandante dell’uccisione del noto difensore dei diritti umani Floribert Chebeya, avvenuta nel 2010.

In un comunicato ufficiale, la Monusco ha condannato il ferimento dei suoi quattro militari, due a causa di un colpo di mortaio e due colpiti da proiettili, e sottolineato con forza che gli attacchi contro le forze di pace possono costituire crimine di guerra. A Kiwanja si trova infatti una base delle Nazioni Unite dove ieri si sono fra l’altro rifugiati diversi giornalisti locali e anche alcuni militari congolesi che non sono riusciti a fuggire: l’esercito regolare ha opposto pochissima resistenza e ha ben presto rotto le file, dandosi alla fuga. Sono diversi i rapporti internazionali che da tempo denunciano e documentano il coinvolgimento del Rwanda nell’avanzata dell’M23: fra gli ultimi, un report ancora inedito dell’Onu consultato dall’Afp in agosto.

Giungono in queste ore molte reazioni preoccupate e per la prima volta dopo molto tempo si registra una presa di posizione degli Stati Uniti. Bob Menendez, presidente della commissione per gli Affari Esteri del Senato degli Stati Uniti, ha chiesto ieri al Rwanda di cessare il sostegno all’M23: “Mi unisco alla Missione degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite nell’invitare il Ruanda a porre fine al suo sostegno ai ribelli dell’M23 nella RDC orientale”. E ha poi aggiunto: “Responsabili degli omicidi di cittadini congolesi e soldati delle Nazioni Unite, l’M23 e i suoi sostenitori meritano una condanna internazionale e devono essere ritenuti responsabili”. Nel novembre 2012 il Senato degli Stati Uniti aveva adottato un emendamento che impone sanzioni economiche ai sostenitori dell’M23.

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