“Sono partito nel febbraio del 2012, ricordo bene il giorno: i miei genitori cercavano di non piangere in aeroporto mentre i miei amici avevano organizzato una festa a sorpresa durata tutta la notte”. La svolta, come la chiama lui, nella vita di Andrea D’Aietti, è arrivata con un viaggio in Australia, nella remota cittadina di Kununurra: qui, dopo aver lavorato come pizzaiolo e commesso nei supermercati, è riuscito a mettere da parte abbastanza soldi per tornare in Italia e aprire la sua impresa. Oggi è capo di un team che nel comune in cui vive, a Gallarate (Varese), conta oltre 30 persone, tutte con età media di 30 anni. “Volevo tornare per avere la possibilità di fare impresa con persone di cui mi fidavo”, racconta.

Andrea, 31enne da sempre appassionato di tecnologia, dopo il liceo umanistico e i primi esami alla facoltà di economia e marketing dell’Università Insubria, ha deciso di lasciare gli studi per un viaggio in Australia. Un’esperienza “impegnativa e faticosa”: di giorno le temperature potevano “raggiungere i 50gradi” ed erano pochi gli immigrati che “decidevano di fermarsi per lunghi periodi in questa zona, completamente isolata ma molto ricca grazie alle miniere di diamanti”.

La sveglia suonava alle 6.30: “Facevo colazione e iniziavo il mio primo lavoro alle 7.30 – ricorda Andrea –. Alle 16 correvo a casa a cambiarmi e alle 17 iniziavo il mio secondo lavoro. Sono riuscito ad andare avanti così per un anno, mettendo da parte circa 8mila dollari al mese”. Col passare del tempo i ritmi sono migliorati, fino ad avere un solo lavoro. La parte più bella del suo soggiorno australiano, per Andrea, è stata lo stile di vita. “Ho condiviso la casa con altri amici, vissuto negli ostelli, conosciuto persone da tutto il mondo”. Il week end era dedicato ad escursioni nella natura, pesca e nuoto in posti straordinari. “Mi manca la spensieratezza di quegli anni”, dice.

Nel 2016 la decisione di tornare in Italia, in Lombardia. “Avevo la possibilità di restare in Australia ancora per molto tempo, ma ho preferito rientrare”. Oggi Andrea segue diverse startup italiane ed europee e ha fondato, insieme a due soci e amici (tutti under 30) un hub dove guida un team di sviluppatori e creativi nel supporto alle Pmi. “Oggi passo quasi tutta la mia giornata al telefono e per appuntamenti. Mi muovo molto, e spesso anche all’estero”. E ogni giornata è “sempre diversa”. Uno dei punti d’orgoglio per Andrea in questi anni è stato tornare a viaggiare, ma questa volta da imprenditore. La difficoltà più grande in Italia? “Senza dubbio la burocrazia e la lentezza per fare ogni cosa, dall’apertura di un conto in banca all’attivazione della corrente a casa”, risponde il giovane startupper. In Australia gli stipendi erano molto più alti, ma proporzionali al costo della vita. “Si trattava di paghe che erano comunque migliori della media dei Paesi europei. Ogni famiglia, con uno stipendio australiano, può tranquillamente permettersi una vita agiata, uscire al ristorante anche un paio di volte alla settimana, fare vacanze all’estero, e mettere da parte qualcosa”. Anche la burocrazia è molto più snella: “Ricordo ancora la mia prima busta paga, si trattava di un foglio con 4 righe e all’inizio credevo si fossero sbagliati. C’era una riga con il nome e i dati dell’azienda, una con il lordo, una con l’importo delle imposte e una con il netto. In Italia per leggere una busta paga bisogna affidarsi a un commercialista”, sorride. E poi la meritocrazia: “All’estero se hai capacità e le dimostri vai avanti, e spesso essere giovani non è considerato un deficit ma un punto di forza”.

Nel 2021, a Gallarate, è stata inaugurata la prima classe in Italia di liceo umanistico con indirizzo in social e digital marketing, in cui Andrea e gli altri professionisti della startup si confrontano con i ragazzi tramite corsi di web e digital marketing. “Siamo contenti di tornare a scuola, soprattutto nelle vesti di insegnanti, considerando che non siamo mai stati secchioni”, sorridono. Per Andrea gli italiani sono i più creativi e capaci al mondo, in ogni settore. Tanti lasciano il Paese perché, semplicemente, “in alcuni posti è molto più facile avere una vita con un tenore più alto”. Altri vanno via perché “per fare impresa hanno accesso al capitale più facilitato e un ecosistema che li supporta”. Ai giovani consiglierebbe di partire seguendo l’istinto: “Non serve pianificare tutto a 18 anni – conclude –, la vita è piena di opportunità per chi si mette nella condizione di coglierle”.

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“Partita per gli Usa sette anni fa, ora lavoro nel cinema: qui bastano 2mila dollari per avviare un lungometraggio, in Italia almeno 40mila”

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“In Lettonia lavoro per una banca svizzera. In Italia dovevo fare salti di gioia per un part-time di un mese e mezzo”

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