di Domenico Tambasco *

Il prossimo 29 ottobre rappresenta una data molto importante per il mondo del lavoro; coincide, infatti, con la definitiva entrata in vigore anche in Italia della Convenzione n. 190 OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, approvata il 21 giugno 2019 a Ginevra da ben 187 Paesi e ratificata in Italia attraverso la legge n. 4 del 15 gennaio 2021.

La Convenzione 190, che ha il rango di un vero e proprio trattato internazionale, è – unitamente alla Raccomandazione 206 OIL, suo naturale complemento interpretativo – uno strumento normativo molto evoluto, riconoscendo nelle premesse “il diritto di tutti ad un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, ivi compresi la violenza e le molestie di genere” e proponendosi di fissare elevati standard comuni allo scopo di affermare “una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano”: obiettivi, questi, perseguiti attraverso una politica di “tolleranza zero” nei confronti della violenza e delle molestie, rivolta tanto alla prevenzione quanto al contrasto delle condotte lavorative ostili.

Che significato hanno in concreto queste solenni petizioni di principio?

E’ presto detto: lontano dal costituire generiche affermazioni programmatiche, le disposizioni della Convenzione si contraddistinguono invece per la loro estrema “concretezza”; prima fra tutte la norma che definisce il concetto di violenza e molestie nel mondo del lavoro come quell’insieme di pratiche, comportamenti o minacce inaccettabili, che ripetutamente o anche solo in un’unica occasione abbiano lo scopo o l’effetto – anche solo potenziale – di causare un danno psico-fisico o economico, anche – ma non solo – in ragione del sesso o del genere della vittima (art.1). Siamo di fronte, per la prima volta, a una regolamentazione unitaria del fenomeno dell’aggressività sul lavoro finalizzata a dare ordine all’insieme eterogeneo delle molteplici fattispecie che, nel corso degli ultimi decenni, si sono venute accumulando per opera soprattutto dell’analisi condotta dalle scienze psicologiche sul comportamento umano.

Ecco, dunque, come una pluralità di fenomeni noti quali il mobbing, lo straining, il bullying, il bossing, lo stalking, le molestie morali, le molestie sessuali e le violenze psico-fisiche, acquisiscono oggi una “nuova cittadinanza”: attraverso un radicale mutamento del lessico, infatti, viene creata l’unitaria ed omnicomprensiva categoria della violenza e delle molestie lavorative, che consente al contempo di semplificare e di razionalizzare il trattamento giuridico della conflittualità lavorativa, evitando agli operatori del diritto di brancolare “nel buio” di definizioni spesso più cliniche che giuridiche.

La Convenzione ha un ambito molto ampio, applicandosi ad ogni settore, sia privato che pubblico, ad ogni economia, tanto formale quanto informale, nonché ad ogni lavoratore e lavoratrice indipendentemente dallo status contrattuale, comprendendo anche i tirocinanti, gli apprendisti, i volontari, i lavoratori licenziati e quelli alla ricerca di un impiego (art. 2); il suo raggio operativo, inoltre, si estende a qualunque luogo – anche esterno – in cui si svolga la prestazione lavorativa, ivi compresi gli spostamenti per viaggi di lavoro, formazione, eventi, attività sociali, arrivando a ricomprendere anche le comunicazioni lavorative a distanza rese possibili dalle tecnologie telematiche (art. 3).

Le linee di azione dello strumento convenzionale sono molteplici: si parte dalla prevenzione, devoluta principalmente alle parti sociali e in particolar modo alla contrattazione collettiva, e declinata attraverso gli strumenti della formazione, del coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici (cogestione) e di una più approfondita valutazione preventiva dei rischi, anche attraverso l’adozione di specifiche misure che garantiscano una protezione più efficace a favore delle potenziali vittime o categorie di vittime (art. 8 e 9).

Una posizione centrale, tra le direttrici di intervento della 190, assume l’applicazione dei meccanismi di ricorso e di risarcimento, che richiede in particolare adeguati strumenti di tutela delle vittime, dei testimoni e degli informatori da possibili ritorsioni degli aggressori, nonché efficaci meccanismi di risoluzione delle controversie ed adeguati strumenti sanzionatori delle condotte violente e moleste (art. 10). Di particolare rilievo, in tale contesto, è la previsione del diritto a favore delle vittime di abbandonare il posto di lavoro in caso di serio pericolo senza poter essere oggetto di conseguenze pregiudizievoli (art. 10 lett. g), oltre al ruolo nodale riconosciuto agli ispettorati del lavoro nel contrasto delle violenze e delle molestie, anche attraverso l’adozione di misure immediatamente esecutive quali l’interruzione dell’attività lavorativa (art. 10, lett. h).

Quali sono gli effetti pratici immediati dell’entrata in vigore della 190?

Al netto della cronica assenza del legislatore, che negli ultimi decenni si è contraddistinto soltanto per la produzione di decine di proposte mai tradotte in concreti strumenti legislativi, oggi gli effetti più rilevanti riguarderanno gli operatori del diritto, ovvero gli avvocati e i magistrati: le disposizioni della convenzione infatti, rientrando tra gli “obblighi internazionali” previsti dall’art. 117, primo comma Cost. e costituendo, dunque, parametri di “costituzionalità interposta” secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale (cfr. sentenze 348 e 349 del 2007), vincolano certamente il giudice ad un’interpretazione della legislazione interna (in particolare dell’art. 2087 c.c., del d.lgs. 81/2008 e della disciplina antidiscriminatoria, norme centrali in materia) conforme alle disposizioni della Convenzione 190 OIL, fino ad arrivare – nel caso di insanabile contrasto – all’emersione della questione di illegittimità costituzionale.

*Avvocato giuslavorista, da anni si occupa di conflittualità lavorativa anche come redattore di diversi ddl in materia presentati nella scorsa legislatura. Autore di pubblicazioni sul tema della violenza e delle molestie lavorative, tra cui “Il lavoro Molesto”, 2021, scritto in collaborazione con Harald Ege.

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