Un’inchiesta a Venezia per molestie, che ha preso il via dalla denuncia di una collaboratrice, ma per la quale il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione. Un’elezione sul filo dei voti ai vertici del Club Alpino Italiano. Poi le dimissioni dei due vicepresidenti, e infine una lettera di 33 scrittori e alpinisti, con l’invito ad Antonio Montani di lasciare l’incarico. Il Cai, che conta 330mila iscritti in tutta Italia, è nella bufera.

Tutto è cominciato dopo che dal 9 all’11 settembre scorso si era tenuta a Venezia la seconda edizione dell’Ona Short Film Festival, rassegna internazionale di cortometraggi dedicati alla natura, alla montagna e agli sport outdoor, di cui il Cai era il principale sponsor. Per tre giorni si erano alternati esibizioni e dibattiti, tra cui una tavola rotonda sul tema “Sentiero Italia Cai”, a cui aveva partecipato l’allora vicepresidente Montani. In serata Montani aveva presenziato alla cerimonia finale di premiazione del Festival. Successivamente una collaboratrice e socia del Cai aveva presentato una denuncia nei confronti dell’architetto di Pallanza per un episodio che sarebbe avvenuto a Venezia. La Procura ha chiesto l’archiviazione, ma la donna ha presentato opposizione attraverso il proprio legale.

La notizia è rimbalzata nel mondo del Cai creando clamore. Anche perché a fine maggio si è chiusa l’era dell’avvocato Vincenzo Torti, non più eleggibile per eccesso di mandati. L’assemblea dei delegati che si è tenuta a Bormio ha così eletto Montani presidente, con appena 7 voti in più (452 contro 445) rispetto al past president del Cai del Veneto, Francesco Carrer. Praticamente l’assemblea si era spaccata a metà e l’esito delle votazioni aveva portato alle dimissioni di due dei tre vicepresidenti, Carrer e Lorella Franceschini, che non condividono la linea del neo-presidente.

L’inchiesta giudiziaria non ancora conclusa ha creato malumori e turbamento in un’associazione che è sempre stata lontana dalle polemiche. Per questo 33 scrittori, alpinisti e intellettuali, hanno scritto, prima privatamente, poi in forma pubblica, a Montani. “Signor presidente, la invitiamo caldamente a dimettersi dalla sua carica fino alla completa e definitiva soluzione della vicenda. Siamo a conoscenza della sua recente elezione alla guida dello storico sodalizio, e allo stesso tempo delle accuse di molestie che le sono mosse da una socia e collaboratrice del Cai. Pur nel massimo rispetto del principio della presunzione d’innocenza fino a prova contraria, troviamo che, nei tempi lunghi del possibile iter giudiziario, quest’ombra sia incompatibile con la sua carica, per il rischio di una grave ripercussione sull’onorabilità del sodalizio stesso”.

Quindi una stoccata: “Per noi la difesa della montagna e dell’ambiente vanno di pari passo con quella dei diritti della persona. Il Cai dovrebbe restare fuori da una vicenda di tale portata etica, ed è un atto di responsabilità quello che le abbiamo chiesto. Cioè l’atto di anteporre il bene del Cai al proprio, rinunciando alla sua carica di presidente per poter autonomamente giungere a una definitiva soluzione della vicenda, anche oltre i suoi aspetti puramente legali. Sperando che si possa tornare al più presto a parlare serenamente di montagna”. Ecco l’elenco dei firmatari: Fabrizio Antonioli, Claudio Bassetti, Gianni Battimelli, Alessandra Beltrame, Leonardo Bizzaro, Irene Borgna, Enrico Brizzi, Enrico Camanni, Lorenzo Carpanè, Luigi Casanova, Giulia Castelli, Lucia Castelli, Paolo Cognetti, Francesca Colesanti, Linda Cottino, Riccarda De Eccher, Franco Faggiani, Paola Favero, Antonella Giacomini, Luisa Iovane, Tamara Lunger, Nicola Magrin, Ugo Manera, Roberto Mantovani, Luca Mercalli, Silvia Metzeltin, Carlo Alberto Pinelli, Matteo Righetto, Vinicio Stefanello, Mirella Tenderini, Anna Torretta, Mario Verin, Nanni Villani.

Montano ha però risposto che non intende dimettersi. “Quanto da voi scritto è stato oggetto di molte riflessioni da parte mia, che hanno preso in considerazione quello che poteva essere il meglio per me, per la mia famiglia, per la mia vita, ma anche per il Cai che io amo moltissimo. Quando ho deciso di mantenere la mia candidatura, ho messo in conto che se fossi stato eletto sarei stato esposto mediaticamente con un’accusa di per sé infamante. Prendendomi alcuni mesi per riflettere ho infine deciso che non sarebbe stato giusto rinunciare ai progetti di rinnovamento del Cai per accuse che io reputo ingiuste”.

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