“Sì… questo è molto amico di Francesco, molto, molto ma molto. È uno legato a tutto, un… a tutta una filiera però che dobbiamo fare sono legati tutti“. È racchiusa in questa frase pronunciata al telefono nell’agosto del 2020 dalla sindaca di Lagonegro (Potenza), Maria Di Lascio, con riferimento a Giuseppe Spera, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Potenza e Francesco Piro, capogruppo di Forza Italia nel Consiglio regionale della Basilicata (nella foto), la “concretezza del legame costituente un sistema“. Tutti loro e altre 36 persone sono indagati o sottoposti a misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità della Basilicata. “Una rete relazionale e un sistema non limitato ad episodi isolati” in cui “il mercimonio delle pubbliche funzioni” è destinato a “consolidare e accrescere il potere proprio e dei soggetti appartenenti al gruppo”. Per questo il giudice per le indagini preliminari di Potenza, Antonello Amodeo, parla di “una manifestazione di un sistema di un modus operandi strutturale da parte dei politici coinvolti”. E così trasferimenti, promozioni, assunzioni e affidamenti di servizi pubblici diventano la merce di scambio per ottenere voti, seconda la Dda.

“Un radicato e ramificato progetto criminale” – Il giudice ha accolto l’ipotesi della procura citando la richiesta di misura cautelare in cui si dà conto “dell’esistenza di un diffuso e sistematico mercimonio delle pubbliche funzioni ricoperte dagli indagati un radicato e ramificato progetto criminale in grado di orientare a fini personali politico elettorali l’azione della Pubblica Amministrazione in sede regionale e di reiteratamente portare ad esecuzione numerosi delitti scopo per come accertati e ricostruiti…”. A supporto il gip cita alcune conversazioni intercettate che disegnano il perimetro di questo sistema.

Il 10 agosto 2020 Piro dava la notizia della nomina del nuovo Commissario del San Carlo Pino Spera, nominato direttore Generale dell’ospedale San Carlo, e veniva paragonato alla figura “del Padre Eterno“. Il gruppo poi parlava delle future elezioni amministrative di Muro Lucano (Potenza) e che avrebbero visto come candidato sindaco uno dei presenti, Mariano Gerardi, e Piro prometteva un appoggio totale, anche se la precedenza doveva essere data alle più vicine elezioni di Lagonegro. E il gip sottolinea come il politico forzista fosse esclusivamente interessato a vincere “mostrando assoluto disinteresse per le problematiche della comunità” come si evince dall’intercettazione: “In questo momento per me, è primario, voglio dire Lagonegro poi da sett… dal ventuno settembre a me di Lagonegro per i prossimi cinque anni non me ne fotterò più niente“.

“Il disinvolto mercimonio” – C’è poi lo scambio di utilità: tra i politici che hanno bisogno di voti e gli altri che quei voti possono offrirli ma chiedono o gli viene offerto qualcosa in cambio. Tra i filoni dell’indagine della Dda lucana infatti vi è anche quello sulla promesse di “pacchetti di voti” ottenuti da alcuni indagati per le elezioni comunali di Lagonegro nel 2020, poi vinte dall’attuale sindaca Maria Di Lascio, da stamani agli arresti domiciliari. In particolare, secondo l’accusa, gli indagati – tra i quali il capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale in carcere – hanno ottenuto la promessa dei voti in cambio di “vari favoritismi” in riferimento “al loro pubblico ufficio”, come trasferimenti, promozioni, assunzioni e affidamenti di servizi pubblici. “Il disinvolto mercimonio delle pubbliche funzioni al fine di consolidare e accrescere il potere proprio e dei soggetti appartenenti al gruppo emerge inoltre in maniera evidente – scrive il giudice nell’ordinanza – dalle intercettazioni laddove in alcune conversazioni lo scambio di utilità (assunzione promozione/ trasferimento/ per effetto di ingerenze illecite dei Pubblici Ufficiali coindagati in cambio di candidature con annessa messa disposizione del bacino di voti viene espressamente evocato mediante la frase prima vedere cammello parafrasando un celebre detto magrebino riferito agli scambi commerciali.

Il riferimento diretto è alle manovra, secondo l’accusa, della Di Lascio che per assicurarsi la candidatura di Benedetto Rito Olivo nella lista Insieme con Maria di Lascio per le elezioni comunali e “il relativo bacino di voti di cui lo stesso risultava portatore”. Stando alla procura la politica si impegnava a far assumere la moglie in una società di formazione. La procura ha ricostruito che con l’intento di convincere Olivo ad entrare in lista gli era stato addirittura proposto un compenso in denaro e così Piro aveva detto alla Di Lascio: “Allora dagli una cosa di soldi e risolvi il problema”. Ma l’architetto aveva già rifiutato: “Ti giuro, non accetta” la risposta della sindaca.

“Pericoloso focolaio” – C’è anche un aspetto che riguarda la consapevolezza degli indagati di poter essere sotto inchiesta. “Si ritiene che gli stessi rappresentino un pericoloso focolaio poiché nel periodo delle intercettazioni e dei servizi hanno dimostrato di muoversi con grande perizia e fermezza nella realizzazione del programma criminoso che si è esplicitata tra l’altro nella declamata volontà di eludere le attività tecniche in corso”. Ma per motivare gli arresti il gip sottolinea come ci sia la “prova di una spiccata pervicacia criminale che potrà essere neutralizzata solo impedendo agli indagati di continuare ad avere contatti fra di loro ma ancora più che continuino ad esercitare i poteri e le funzioni a loro demandati per legge in ragione degli importanti incarichi e ruoli pubblici rivestiti”.

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