“I soldi il governo Renzi li ha messi nel 2014, se avessimo fatto le opere immediatamente, oggi non piangeremmo la situazione com’è”. Lo va ripetendo da giorni, Matteo Renzi, dopo che il 15 settembre l’alluvione ha colpito le Marche e la piena del fiume Misa ha causato undici vittime. Non è la prima volta e il leader di Italia Viva torna al precedente di otto anni fa, quando il premier in carica era lui: “Quando c’era stata l’alluvione stanziammo 45 milioni e il fatto che ci sia stata la chiusura della nostra ‘unità di missione’ ha allungato i tempi. Avevamo messo i soldi, ma il progetto è stato fatto nel 2020, troppo tardi perché così il cantiere apre nel 2022″. I conti però non tornano e di quei 45 milioni nel 2014 non c’è traccia. Intanto perché i soldi per la progettazione degli interventi stanno in un fondo che nel 2014 ancora non esiste. E poi perché il milione di euro destinato alle Marche viene approvato appena nel 2018 e un anno dopo non siamo che al 30 per cento dell’erogazione. Lo dice la Corte dei Conti in una relazione sul contrasto al dissesto idrogeologico del 2019. Certo, ai fondi per la progettazione corrisponde una stima delle opere da realizzare, ma quella fatta da Renzi non trova riscontro nemmeno nelle carte della Regione, dove la cifra è 1o milioni. Che se la sia inventata?

Un passo alla volta. Renzi dice che il suo governo i soldi “li ha messi nel 2014”. Quando il 3 maggio di quell’anno un’alluvione colpisce i comuni nella valle del Misa lui è appena diventato premier. Solo un mese dopo lancia Italia Sicura, l’unità di missione della presidenza del Consiglio che insieme alle regioni avrebbe predisposto un Piano nazionale per il contrasto ai fenomeni franosi e alluvionali per gli anni 2014-2020 e il relativo piano finanziario. A luglio 2015 gli interventi segnalati dalle regioni sono settemila e prevedono opere per 22 miliardi di euro. Ma appena il 10 per cento è pronto per gare e cantieri, mentre il resto sono lavori ancora da progettare. “Il vero ritardo sta nelle progettazioni“, scriverà Italia Sicura in un comunicato. Ecco il perché del Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico, istituito in seno al ministero dell’Ambiente nel dicembre 2015 con una dote di 100 milioni. Soldi che però non inizieranno a muoversi prima del 2017, come scriverà la Corte dei Conti, e le Marche rientreranno tra i destinatari appena nel 2018.

Nel frattempo la Regione e l’Autorità di Bacino delle Marche avevano approvato l’assetto di progetto: interventi e priorità necessari a ridurre i rischi di esondazione dei fiumi Misa e Nevola. L’approvazione è del 25 marzo 2016, i fondi necessari sono calcolati in 1o0 milioni di euro e solo per le opere a priorità elevata ne servono 48. La delibera è chiara, i fondi già a disposizione non sono sufficienti e dei 45 milioni di Renzi nessuno sa nulla. Per le risorse mancanti, dice infatti il documento, “si è provveduto ad inserire nella piattaforma Rendis (repertorio nazionale interventi difesa del suolo) la richiesta di finanziamento”. Diverse le richieste precedenti all’istituzione del Fondo progettazione, che verrà ripartito per regione solo nel dicembre 2016. Ci siamo? Non ancora. Alle Marche serve un altro anno per rientrare nel finanziamento, che ammonterà a 1.070.120 euro. Il milione serve a progettare 11 opere, dieci delle quali sono interventi contro il rischio alluvioni. Tra questi c’è la “Sistemazione idraulica Fiume Misa“, alla quale il Fondo progettazione assegna 321 mila euro, somma approvata dal ministero dell’Ambiente il 30 novembre 2018 ed erogata in tranche a partire dall’anno successivo. Insomma, cinque anni dopo l’alluvione del 2014.

E’ tutto scritto in un decreto del Commissario straordinario delegato per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, che come nel resto d’Italia è il presidente della Regione. Il decreto del marzo 2019 serve a nominare gli enti attuatori delle opere elencate, che per la sistemazione del Misa è il Consorzio di Bonifica delle Marche. Non solo, ai 321 mila euro per progettare l’intervento il decreto affianca il valore dei futuri lavori da finanziare: 10 milioni di euro. E allora perché Renzi parla di 45 milioni? Per trovarli bisogna sfogliare il Rapporto presentato da Italia Sicura il 25 maggio 2017. All’introduzione del premier Paolo Gentiloni e ai contributi di ministri e dirigenti segue, diviso per regione, l’elenco di tutte le opere e il loro stato di avanzamento. Tra gli interventi marchigiani, quelli legati al fiume Misa sono due. Il primo collocato nel comune di Ostra per 500 mila euro di lavori sul reticolo idrografico del fiume, il secondo collocato in quello di Corinaldo per la “Sistemazione idraulica del Fiume Misa” e una richiesta pari a 45.140.000 euro. Richiesta, appunto. Perché i due interventi sono classificati come “progetto preliminare” e nel maggio 2017 la stessa progettazione è ancora da approvare.

Anche la relazione del 2019 della Corte dei Conti cita le opere elencate nel rapporto di Italia Sicura: “Di questi progetti si segnalano per dimensione la sistemazione idraulica Fiume Misa e la gestione del territorio agricolo con un costo progettazione di 321.530,00 euro e lavori per circa 45,1 milioni di euro”. Salvo poi aggiungere che di quel rapporto non ha una grande opinione: “Una mera raccolta di richieste di progetti e di risorse, talvolta non omogenee, senza addivenire ad una vera e propria programmazione strategica del settore”. Quanto alle risorse, “il Fondo creato per favorire la progettazione e accelerare la cantierabilità delle opere e degli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico, non ha raggiunto ad oggi l’obiettivo per il quale era stato creato”, scrive la corte lo stesso 31 ottobre 2019. Che non sia questa una delle ragioni per cui, come dice oggi Renzi, “il progetto è stato fatto troppo tardi”?

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