Si ride per non piangere alla notiziola, registrata a margine dai media, che il partito già dato per vincente, Fratelli d’Italia, s’è imperiosamente espresso contro la nomina del nuovo amministratore delegato di Milano-Cortina 2026. “Bisogna aspettare il nuovo governo”, chiedono gli uomini di Giorgia Meloni, che evidentemente non hanno ancora un certo peso nell’attuale assetto del baraccone olimpico invernale, in mano a due regioni leghiste, due sindaci Pd e quel che resta del potere dei pentastellati.

Silurato un po’ misteriosamente a fine agosto l’ex manager telefonico Vincenzo Novari (qualcuno dice anche perché nominato con l’avallo del precedente ministro dello Sport Spadafora), per Milano-Cortina 2026 circolavano due nomi noti, l’ex Eni Paolo Scaroni e il ministro tecnico Vittorio Caio, personaggi di notevole peso lobbistico, ad indicare che il boccone olimpico è davvero ghiotto per tanti. Sono in ballo anche tanti miliardi di extra-bilancio che vengono reclamati a gran voce, soprattutto dal solito Zaia, con la scusa dell’inflazione, dell’effetto bonus sui costi dei materiali di costruzione, della guerra in Ucraina e via lamentando: in realtà non sta andando per il verso giusto quasi niente, forse apposta, come le prime inchieste giornalistiche documentano.

Ben al di là degli effetti del consueto immondo “magna-magna” con la scusa di un impegno internazionale, resta la questione di fondo dell’insensatezza di mantenere fermo, costi quel che costi, un appuntamento tanto energivoro soprattutto dopo un’estate infernale e una situazione di caldo e siccità con effetti devastanti. E’ passata ancor più in sordina del caso Novari la notizia che Legambiente, che si sta sforzando di sensibilizzare l’opinione pubblica anche sullo stato delle nostre montagne, calcola in ben 250 gli impianti di risalita abbandonati che richiederebbero un urgente smantellamento o una riqualificazione ambientale, come sperimentalmente si sta provando con il progetto RigeneRosa in un edificio dismesso a punta Indren.

Alla terza “carovana dei ghiacciai” con l’Istituto glaciologico sono state censite ormai più 200 riserve d’acqua glaciale già completamente scomparse. Ecco, se questa è la situazione dai 3mila metri di quota in su, figurarsi che senso ha insistere per lo sport invernale sull’asse Milano-Cortina con tutti i grotteschi addentellati di lavori stradali, sulle piste e di edificazione in Lombardia, Veneto, Trentino e Alto Adige, di cui il nuovo impianto per il bob a Cortina è solo il simbolo più vistoso.

Purtroppo, come anche solo la nostra campagna elettorale dimostra, quasi nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno: prendere coscienza di una realtà di drammatica crisi come quella attuale del clima e dell’energia dovrebbe significare prima di tutto provare a innescare un circolo virtuoso di risparmi, che inevitabilmente passa per decisioni esemplari, magari anche discutibili, come la sacrosanta proposta di vietare i jet privati e di limitare il traffico aereo.

Il punto è che, per segnare un’inversione di rotta, sarebbe importante mostrare a tutti qualche buon esempio, come capita già in Francia nel mondo dello spettacolo teatrale. In fondo, pensare a un piano ecologico straordinario per lo sport potrebbe essere un’idea non di poco conto: pensate allo spreco degli appuntamenti in notturna o all’assurdità, appunto, dello sci in condizioni ambientali e climatiche proibitive.

In ogni caso, fino a che sta bene a tutti quelli che pagano le tasse, che lo Stato e gli enti locali debbano gettare soldi negli impianti di risalita – e poi ripianare i bilanci di chi li gestisce con interventi straordinari, come già si preparano a reclamare dopo gli aumenti dei costi dell’energia -, certo si può anche immaginare che sia normale investire montagne di soldi e devastare ancora dei territori già troppo segnati dall’assalto distrut-turistico per preparare un appuntamento olimpico invernale tra la pianura e le prime montagne del nord-est italiano, nel mondo che già sta bruciando, del 2026. Sempre che, ovviamente, anche i poveri Fratelli d’Italia possano dire la loro.

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