Per chi sventola la bandiera dell’autonomia è probabilmente poco saggio citare l’esempio delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. L’evento, ribattezzato appunto “Olimpiadi dell’autonomia”, sarebbe dovuto essere il più fulgido esempio del tema e simbolo di un’efficienza “decentrata” che permette di realizzare un grande evento a costo zero per lo Stato: uno schiaffo insomma agli sprechi in stile Italia 90. L’avevano garantito i governatori leghisti di Veneto e Lombardia, Luca Zaia e Attilio Fontana, mentre ministri come Di Maio e Giorgetti assicuravano che non si sarebbero spesi soldi pubblici. E invece, dopo le parole c’è la sperimentazione della realtà che suggerisce che in fin dei conti l’accomodante e rassicurante mano dello Stato non è poi così male, tanto da passare da zero a 2 miliardi di soldi pubblici destinati al progetto in tre anni.

Il primo miliardo venne stato stanziato già nel 2020 dal ministero delle Infrastrutture per migliorare, appunto, la rete infrastrutturale interessata dai giochi: strade, stazioni, aeroporti, svincoli, gallerie che andavano necessariamente rifatte. Poi ci sono stati i 175 milioni aggiunti qualche mese dopo e i 325 dell’ultima legge di Bilancio per rifare gli impianti. Gli stessi impianti che le Regioni coinvolte avrebbero dovuto rifare a proprie spese, senza in alcun modo gravare sulle casse statali.

Oggi arriva l’ultima aggiunta da parte di Roma. Nel decreto Aiuti bis si trova infatti uno stanziamento di altri 400 milioni, dettaglio che ha fatto insorgere l’ex ministro grillino Spadafora che ha chiesto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non firmare “una norma immotivata e inserita impropriamente a camere sciolte in un decreto di aiuti agli italiani. Una norma di aiuto a chi vuole gestire a fini elettorali e personali le prossime Olimpiadi Milano-Cortina 2026”.

Perché tra i motivi per cui è poco saggio utilizzare i Giochi invernali del 2026 a manifesto dell’autonomia non c’è solo la questione dei soldi che lo Stato non avrebbe dovuto versare e poi si è trovato a dover sborsare: oltre all’ultimo stanziamento da 400 milioni c’è infatti l’ingresso ufficiale del governo nella Fondazione Milano-Cortina. Palazzo Chigi, di fatto, controllerà la società che sta preparando l’evento, modificando l’assetto, mettendo da parte l’attuale amministratore delegato Vincenzo Novari e varando un nuovo cda composto da 14 membri: sette nominati dal mondo dello sport, sei dalle istituzioni locali e con l’amministratore delegato che sarà deciso dal presidente del Consiglio entro un mese, da Draghi dunque.

Lo Stato che entra a gamba tesa? Esattamente il contrario, visto che nelle scorse settimane erano stati gli enti stessi a chiedere al governo di entrare nella Fondazione: d’altronde, sarebbero stati proprio gli enti locali a dover ripianare eventuali buchi senza il comodo paracadute statale. E i buchi, per la verità, erano dietro l’angolo: la manifestazione in totale sarebbe dovuta costare 1,6 miliardi di euro da coprire con sponsor (da previsioni sarebbero dovuti entrare 550 milioni, ad oggi utopia pura), contributi del Cio, diritti tv e biglietti. C’è da dire che tra il 2019 e oggi i tempi, come ha ricordato pure Fontana, sono decisamente cambiati tra pandemia e l’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, che aggiunti a burocrazia, lungaggini e all’immobilismo della Fondazione hanno creato una paralisi e un ritardo enorme per la preparazione dell’evento. Così la formula del supporto statale è infine risultata la migliore, forse l’unica, per le “Olimpiadi dell’autonomia” e “a costo zero”. O presunte tali.

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