La scorsa settimana 25 prigionieri egiziani, in detenzione preventiva da lungo tempo, sono tornati in libertà a seguito di una decisione del comitato presidenziale per la grazia.

Ricordiamo i loro nomi, perché è importante sapere che hanno riabbracciato i loro cari dopo mesi e mesi di ingiusta detenzione: Ahmed Mohamed Khalaf Mahmoud; Mohamed Shaaban Mahmoud Mohamed; Mahmoud Yousry Abdel Azim Sayed; Bassiouni Ramadan Mohamed Ali; Omnia Shaaban Tolba; Adham Hassan Hassanein Nafeh; Peter Nashat Naim Ragheb, Khalil Abdel Hamid Khalil Mohammed, Tariq Ezzat Amin; Moamen Mohamed Rabie Abdel Fattah; Khaled Mohsen Suleiman Ayoub; Shady Sharaf El-Din Abdel Hamid; Mahmoud Mohamed Mahmoud Al-Makhzangi; Maysa Abdel Fattah Abdel Meguid; Amr Gaber Mekkawy; Hossam Gaber Mekkawy Morshid; Yahya Abdel Nawab Ashour; Ashour Saleh Hassan Mohammed; Mahmoud Khalil Khalil; Ahmed Ezzat Ahmed Hassanein Ibrahim; Ayman Ali Mr. Ali; Mohamed Magdy Shukry Ajami; Hossam El Din Eid Muhammed; Syed Muhammad Abd Allah Muhammad; Abdul Rahman Awad Abdul Salam.

In questa lista non c’è Alaa Abdel Fattah, il più noto prigioniero di coscienza egiziano. Nessuna sorpresa: il comitato, fortemente influenzato dagli apparati di sicurezza che hanno l’ultima parola su chi debba uscire dal carcere e chi no, aveva già fatto sapere che né il suo caso né quello di Ahmed Douma sarebbero stati presi in considerazione. Quando leggerete questo post, Alaa sarà giunto al giorno 143 dello sciopero della fame.

Martedì scorso Sanaa Seif, una delle sue sorelle, ha potuto visitarlo in carcere. Hanno parlato 20 minuti, separati da un vetro, tramite due microfoni gracchianti. Questo è il racconto dell’incontro, il primo di Sanaa con Alaa dall’inizio dello sciopero della fame, tradotto dall’arabista e attivista Paola Caridi che dal 28 maggio ha lanciato in Italia insieme a me un digiuno a staffetta di 24 ore, che ancora va avanti.

Per prendere parte a questa iniziativa di solidarietà, si può scrivere a: info@invisiblearabs.com

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