La giornata sulla rambla di Figueras è assolata, Ma al riparo dalla calura i topi d’orchestra suonano, i funamboli del circo fanno evoluzioni a testa in giù, le carrozze in miniatura sono in partenza. Dove vanno? Visitano i luoghi immaginati da tutti i bambini che ci hanno giocato. Il Museo del Giocattolo di Figueres, in Catalogna, è una delle mete culturali più sorprendenti per i vacanzieri diretti in Costa Brava. Anche e soprattutto con prole al seguito.

A Figueres, a pochi passi dal celebre Museo Salvador Dalì, il Museo del Giocattolo è un gioiello di storia. Su due livelli espositivi, ospita oltre cinquemila giochi, alcuni dei quali appartenuti proprio all’eccentrico artista originario della cittadina spagnola. Una collezione preziosa, con oggetti finemente lavorati, pitturati a mano, racchiusi in teche dove a gettare lo sguardo si rimane incantati dai particolari. Il tuffo nell’infanzia e nel suo potere immaginifico è garantito.

Ogni gioco, dalle case di bambole ai teatrini, ha un vissuto da raccontare. Ma tutti insieme raccontano la storia del giocattolo dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri. E della società. Si scopre così che il preferito di Salvador Dalì e della sorella Anna Maria era un orsacchiotto: Don Osito Marquina, nome attribuitogli dal poeta Federico García Lorca durante una visita a casa Dalí. Acquistato nel 1916 a Parigi dal padre del pittore surrealista, il notaio Salvator Dalì, e dalla moglie Felipa Domènech, è del marchio tedesco Steiff. Don Osito compare su una sedia di legno, vestito con un abitino bianco e blu. Dalì e la sorella ne parlano come di un personaggio sempre presente. Una sorta di testimone muto della loro spensieratezza. Ma il percorso museale è un viaggio nella fantasia al servizio dei piccoli. Alcuni dei giocattoli esposti appartenevano a grandi personalità che decisero di donarli al Museo: Joan Miró e Joan Brossa per esempio. Altri sono invece giochi che si ritrovano anche nelle fotografie in bianco e nero che fanno da corredo all’esposizione. Bambini e bambine dell’epoca ritratti a bella posa con tricicli, pupazzi, trottole.

Cosa non ci si aspetta? The Merry Makers. Il più popolare prodotto dell’azienda americana Louis Marx & Co., venduto a 91 centesimi di dollaro. Alimentato da corde, è un’orchestra di topi che si muove al ritmo di musica. Il mouse che suona il pianoforte oscilla avanti e indietro, il mouse a sinistra suona il tamburo e il mouse a destra balla. Seduto sul coperchio superiore del pianoforte c’è un quarto topo che dirige.

Sebbene i topi siano vagamente ispirati al personaggio popolare di Walt Disney, il tema del giocattolo sono le orchestre o le big band, come quella di Cab Calloway, molto popolare negli Stati Uniti all’epoca. Ecco perché i topi appaiono vestiti come i musicisti di queste orchestre, con smoking e camicie bianche, papillon e gilet rossi. Poi c’è il modellino ferroviario analogico. La cui particolarità sono le locomotive ispirate a convogli di compagnie ferroviarie esistenti. Costruito da Andreu Costa Pedro tra il 1995 e il 2013, si snoda fra montagne, ponti, laghi e stazioni.

Tornando indietro nel tempo si scopre anche la cartella da viaggio per gioielli. Che ci parla di un’usanza ormai tramontata. All’inizio del ‘900 i venditori di ninnoli comparivano con la loro valigetta pieghevole nei luoghi di ritrovo delle persone: piazze, teatri, chiese. E offrivano la loro mercanzia. La valigetta è l’esposizione di ninnoli di un viaggiatore. Contiene piccoli giocattoli, costumi ed elementi per feste, figurine, storie in miniatura, adesivi. Un piccolo museo a sé.

A far da protagonista c’è anche la Bugat I-970. Una vettura a fune ispirata alla leggendaria Bugatti T35, prodotta dal marchio automobilistico alsaziano tra il 1924 e il 1931. Il giocattolo più ambito dai bambini di quel tempo.

Ma il viaggio continua lungo un percorso mozzafiato. Dai primi fonografi ai giocattoli di latta litografati, realizzati nel periodo fra le due guerre. Dalle bambole catalane di cartone (pepas) a quelle di porcellana e altre della prima metà del ‘900, come l’italiana Lenci (ci sono persino le bambole della macumba). Dai giocattoli meccanici di origine tedesca ai giochi legati al cinema e al suo background: zootropi, lanterne magiche, proiettori.

Ma torniamo alle bambole. Anzi alle loro case. Grandi come una credenza, in legno pitturato. Altro che le case della Barbie! Hanno almeno quattro piani e in ognuno ci sono camere arredate di ogni confort. Con stile e gusto nei più minimi particolari. C’è persino la casa biblioteca, con scaffali per i libri, lampade, sale lettura-studio e uffici. Un bagno in ceramica con tanto di lavabo e wc. A guardare i dettagli ci si perde. È il caso della classe scolastica in miniatura. Con tanto di banchi, cattedra, lavagna, insegnante e allievi.

Il Museo del Giocattolo della Catalogna/Figueres è stato creato dalla collezione privata di Josep Maria Joan Rosa e Pilar Casademont Sadurní. Inizialmente i giocattoli occupavano gran parte di casa sua a Figueres. Un anti-museo che continuava a crescere in qualità e quantità. Perciò dopo la prima mostra pubblica delle collezioni più importanti al Palau Güell di Barcellona ne seguirono altre negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Fino al 1982, quando il Museo del Giocattolo apre le sue porte nell’edificio del vecchio Hotel Paris, sulla rambla di Figueres. Poi tante donazioni, sia di persone anonime che di personalità culturali, tra cui spiccano le collezioni di Guy Selz, Alan Glass e Joan Brossa. Nel 1997 nasce la Fondazione Museo del Giocattolo della Catalogna e nel 1998 il Museo.

Oggi, camminando fra teatrini, animali in cartone, aereomodelli, trenini, marionette, giochi di magia, giochi per bambini non vedenti, costumi, figurine ritagliabili, carillon, soldatini, robot, carrozze e macchine a vapore, la visita della collezione può avere almeno due diverse letture. Una nostalgica, attraverso la conoscenza dei giocattoli dei nostri nonni, una legata all’evoluzione scientifica e tecnica. Ma una cosa resta invariata. Ogni gioco è vissuto dentro la fantasia di chi lo ha usato per tracciare la sua personale storia di quel momento.

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