Ragazzi, quasi bambini, processati e incarcerati come adulti, accusati di essere gli scafisti al momento dello sbarco sulle coste italiane “mentre i veri trafficanti restano in Libia“. I numeri non ci sono, le storie sì. Nel longform di Cecilia Ferrara e Angela Gennaro per Ansa, il racconto di Saidu Bangura e Joof Ousaineu, due di questi ragazzi che ricordano le loro vicissitudini, con il commento delle legali Cinzia Pecoraro e Paola Ottaviano e di Richard Brodie, dell’Arci Porco Rosso Palermo, Stefania Gasparri, volontaria del centro Astalli di Catania, e Maria Randazzo, direttrice dell’Ipm Catania.

“I barchini che attraversano il Mediterraneo centrale non hanno alcun equipaggio. Gli scafisti e i trafficanti di esseri umani non sono a bordo: restano in Libia”, dice Gasparri del centro Astalli di Catania. L’associazione è attiva dal 1999 e “vede ogni anno accedere ai propri servizi uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni, spesso vittime di tortura, che arrivano dopo viaggi al limite della realtà”.

Articolo Precedente

Un anno senza Gino Strada, dall’Ucraina al ritorno dei Talebani in Afghanistan: che valore avrebbero oggi le sue frasi contro la guerra

next