Un ospedale dove di solito si cura chi ha problemi di salute, che licenzia una dipendente dopo che ha mostrato problemi di salute. La storia paradossale accade al San Raffaele, importante struttura privata al confine tra Milano e Segrate fondata dal discusso don Luigi Verzè e oggi parte del gruppo San Donato. “Lavoro lì da 28 anni. Prima ero un’operatrice socio-sanitaria, ma col tempo ho sviluppato un’allergia al lattice che si manifesta sia attraverso il tatto che l’inalazione. Per questo anni fa sono stata spostata negli uffici amministrativi”, racconta Silvia, nome di fantasia necessario in questo periodo in cui lei, madre single, dopo l’inatteso licenziamento manda in giro curricula per cercare un nuovo lavoro. “Ho impugnato il provvedimento, ma per la sentenza ci vorrà tempo – spiega – Nel frattempo la sola Naspi non è sufficiente. Abito con mia figlia in una casa Aler a riscatto per la quale sto pagando il mutuo. Mia figlia ha appena compiuto 18 anni, a settembre inizia la quinta liceo e poi vorrebbe iscriversi all’università, magari medicina. Vorrei che riesca a finire gli studi”.

Tra le mansioni svolte da Silvia negli ultimi tempi, quelle in Direzione infermieristica. Ma a novembre dell’anno scorso ha un attacco allergico: negli uffici amministrativi iniziano a essere somministrati vaccini anti Covid agli impiegati e lei viene inevitabilmente a contatto con il lattice. Finisce al pronto soccorso e, tramite il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), fa partire una segnalazione alla direzione generale per denunciare che ambienti di lavoro classificati per uso amministrativo sono stati utilizzati per un’attività ambulatoriale, introducendo rischi non previsti.

Dopo l’incidente Silvia viene spostata al settore Fisica sanitaria, ma a marzo ha un altro attacco allergico: “Ero in ufficio, a un certo punto il viso mi si è riempito di bolle, non riuscivo più a respirare”. Finisce di nuovo al pronto soccorso, dopo di che viene indirizzata al medico competente che stabilisce una “inidoneità temporanea” a lavorare in Fisica sanitaria. A quel punto, in accordo con il Rls, chiede alla direzione del personale se sia disponibile una ricollocazione e dove attendere nel frattempo. “Dove di solito aspettano i lavoratori non idonei”, la risposta. E visto che pochi mesi prima, in un caso analogo, una dipendente aveva atteso la sua ricollocazione in aula sindacale, cioè l’ufficio a disposizione delle attività sindacali, Silvia inizia ad andare lì ogni giorno comunicando la sua “messa a disposizione”.

Dopo un mese il medico competente le ridà l’idoneità per lavorare in Fisica sanitaria, seppure con la limitazione di non venire a contatto col lattice. “Ho subito informato la direzione del personale – racconta – Mi han detto che mi avrebbero fatto sapere dove sarei stata ricollocata”. Anche perché nel frattempo le sue mansioni e la sua scrivania in Fisica sanitaria sono state assegnate a un’altra collega. Aprile e le prime settimane di maggio passano tra qualche giorno di ferie concordate e qualche giorno in cui Silvia entra al San Raffaele, timbra il cartellino e va in aula sindacale ad attendere notizie sulla sua ricollocazione. Ogni tanto qualche contatto con le risorse umane, che sembrano dare risposte rassicuranti, come quando a Margherita Napoletano, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e delegata sindacale della Cub, viene garantito: “Abbiamo ancora una pratica in sospeso, la ricollocazione di questa lavoratrice”.

Ma il 16 maggio, la sorpresa: una lettera di sanzioni disciplinari in cui a Silvia viene contestato di essere stata “assente ingiustificata” per nove giorni, con la conseguenza della sospensione temporanea dal lavoro. Lei nella missiva di risposta alle contestazioni sottolinea: “In nessun momento mi è stato indicato dalla direzione del personale di rientrare negli uffici della Fisica sanitaria. Mi è sempre stato fatto intendere che sarei stata ricollocata”. Ma dopo un mese arriva la lettera di licenziamento “per giusta causa” che la lascia senza stipendio.

“Mi hanno licenziato per i miei problemi di salute e perché ho denunciato i problemi di sicurezza nel mio luogo di lavoro”, ha scritto in una lettera consegnata in questi giorni negli uffici dell’amministratore delegato del San Raffaele. “Mi sono messa a disposizione sempre per poter lavorare in un luogo compatibile con la mia salute e mi sono recata tutti i giorni in istituto, come dimostrano le timbrature (…) Nonostante il San Raffaele sia un istituto con oltre 800 amministrativi non hanno voluto trovare una mansione per me. Dove la salute dovrebbe essere al primo posto, si licenzia per motivi di salute!”.

Per Napoletano, Rls e delegata della Cub, quella messa in atto dalla direzione dell’ospedale non è stata altro che “una trappola” per far fuori una lavoratrice: “In questo periodo stanno cercando di tagliare tutto il tagliabile. E questa vicenda suona da avvertimento: ‘Se avete problemi di salute sul luogo di lavoro, non andate da medico competente e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, altrimenti questo è quello che vi capita: essere licenziati’”. Accusa pesante per un ospedale. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto di poter parlare con Marco Centenari, amministratore delegato fino a pochi giorni fa e oggi direttore generale, o in alternativa di poter dare spazio alla versione dell’ospedale. Ma l’unica risposta è stata un “no comment”.

Twitter: @gigi_gno

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