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“Dai domiciliari cercava di comunicare con altre persone”: torna in carcere il medico-boss Giuseppe Guttadauro

Il medico al centro dell'inchiesta sulle talpe alla Dda era finito al centro di un'inchiesta dei carabinieri il 12 febbraio scorso: dalle indagini, secondo gli inquirenti, sono emerse diverse violazioni agli obblighi di non comunicare con persone diverse da quelle che abitano con lui e la ricerca di canali di comunicazione riservati per interloquire con terzi, compreso il ricorso ad applicazioni a suo dire non intercettabili
“Dai domiciliari cercava di comunicare con altre persone”: torna in carcere il medico-boss Giuseppe Guttadauro
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Dagli arresti domiciliari cercava contatti con persone diverse da quelle che abitano con lui. E secondo le accuse cercava canali di comunicazione riservati per interloquire con terzi, compreso il ricorso ad applicazioni a suo dire non intercettabili. Torna in carcere Giuseppe Guttadauro, 70 anni, detto “il dottore”, già primario dell’ospedale Civico di Palermo, esponente di spicco di Cosa nostra, coinvolto in passato nell’inchiesta sulle talpe alla Dda in cui fu indagato l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro. Da quell’inchiesta nacque poi un processo che si concluse con la condanna per favoreggiamento alla mafia dell’ex governatore.

Guttadauro era finito di nuovo al centro delle indagini della procura di Palermo lo scorso 12 febbraio. Alla fine di una inchiesta dei carabinieri del Ros, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai Pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, Guttadauro era stato posto ai domiciliari: l’accusa era quella di fare parte della famiglia di Roccella”. Tra i destinatari di quell’ordinanza c’era anche il figlio, Mario Carlo.

A febbraio a Guttadauro erano stati concessi i domiciliari, vista l’età e l’assenza di eccezionali ragioni cautelari. Dalle indagini successivamente svolte dai Carabinieri del Ros sono emersi, tuttavia, elementi che hanno consentito di ipotizzare diverse violazioni agli obblighi di non comunicare con persone diverse da quelle che abitano con lui e la ricerca di canali di comunicazione riservati per interloquire con terzi, compreso il ricorso ad applicazioni a suo dire non intercettabili. Sulla base di questi elementi la Procura ha chiesto ed ottenuto dal Gip la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere.

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