E’ andata a finire così: meglio un commissario deciso da Enrico Letta che un segretario regionale imposto da Vincenzo De Luca. E non è una questione di poco conto, perché si sta parlando della persona che l’anno prossimo metterà l’ultima parola sulle candidature del Pd alle politiche in Campania. Così lentamente si è sciolta l’assemblea campana dem, incapace in due mesi e mezzo di eleggere un sostituto del segretario regionale uscente, il deluchiano Leo Annunziata, dimissionato con una letterina di poche righe il 21 marzo per le pressioni contro l’evanescente non gestione dell’organismo, mai convocato, mai chiamato a deliberare.

Nei giorni scorsi il colpo di grazia, con le dimissioni del parlamentare Umberto Del Basso De Caro, del presidente del consiglio regionale campano Gennaro Oliviero e di un manipolo di componenti a loro riconducibili nella galassia degli antideluchiani (19 addii dopo il 1 giugno), ha fatto scendere a 107 il numero dei delegati. Sotto al quorum dei 120 necessario per procedere a una votazione sul dopo Annunziata. Le dimissioni sono arrivate a valle di un percorso di diffide e ricorsi contro l’operato del deluchiano Nicola Landolfi, il presidente dell’assemblea.

Landolfi ha provato a rimettere in piedi l’assemblea devastata da un vietnam di defezioni e di cambi di casacca, avviando le procedure di surroghe coi primi dei non eletti nel 2019. Ma si è schiantato sul muro alzato da orlandiani e franceschiniani, dai fedelissimi di Del Basso De Caro e di Oliviero. A colpi di carte bollate verso gli organismi di garanzia e contro la regolarità e i tempi e i modi delle procedure, compresa la richiesta di convocare l’organismo in presenza e non sul web, la frastagliata galassia degli antideluchiani ha sbarrato la strada al fine ultimo dell’operazione: l’elezione di Stefano Graziano, ex parlamentare, ex consigliere regionale, presentato come gradito a Letta – del cui breve governo fu consulente con un incarico che proseguì anche col governo Renzi – ma espressione nitida della volontà del gruppo del governatore De Luca, che lo ha nominato nella sua corte di consiglieri con l’incarico di “esperto del Presidente in materia di Analisi e programmazione economica degli interventi inerenti alle Reti ed Infrastrutture di interesse strategico regionale”, come si legge sul sito istituzionale della Regione Campania.

In altri tempi e in altri luoghi si sarebbe stata aperta una trattativa che si sarebbe chiusa con un compromesso. Nel 2022 e nella Campania di De Luca non c’è stato spazio per nessuna mediazione. Fucilati senza processo tutti i nomi proposti dalle opposizioni, nomi considerabili vicini a De Luca che avrebbero votato senza problemi per evitare il commissariamento: l’ex presidente del primo consiglio regionale dell’era De Luca, Rosetta D’Amelio, l’ex segretario del Pd di Napoli e oggi componente dello staff del governatore, Gino Cimmino, l’ex segretario del Pd di Salerno a trazione deluchiana, Nicola Landolfi, un assessore di De Luca, Armida Filippelli.

Niente da fare. E allora commissario sarà. Una donna, come auspicano dal Pd napoletano e da chi teme che la nomina di un uomo restringa lo spazio già ridotto delle candidature maschili alle politiche, essendo prassi candidare il segretario-commissario in carica. Potrebbe trattarsi dell’ex ministra Roberta Pinotti. La nomina, in ogni caso, arriverà dopo il voto delle Comunali. E’ in ballo anche il parlamentare Vito De Filippo, ex governatore della Basilicata.

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