Colombia al voto. Domenica 29 maggio circa 38,5 milioni di aventi diritto eleggeranno il presidente che rimarrà in carica fino al 2026. Secondo i sondaggi, il favorito è il leader della coalizione di sinistra Pacto Histórico Gustavo Petro: l’eventuale vittoria potrebbe segnare una svolta storica nella politica colombiana. La vittoria dell’ex sindaco di Bogotà, infatti, sancirebbe la prima volta di un presidente di sinistra anti-establishment e la fine dell’uribismo, il centro di potere legato all’ex presidente Álvaro Uribe Vélez, incarnato negli ultimi quattro anni dal presidente di destra Iván Duque.

Ma il clima intorno alle urne, negli ultimi mesi, è stato tutt’altro che sereno, tra minacce di morte, omicidi di leader sociali ed ex guerriglieri, intimidazioni e violenze. Proprio Petro, che è uscito vincitore dalle elezioni legislative del 13 marzo – dalle quali il governo è uscito indebolito – tre settimane fa ha dovuto sospendere la campagna elettorale nella zona cafetera del Paese (i dipartimenti di Caldas, Risaralda e Quindío) per scampare a un attentato da parte del gruppo paramilitare Cordillera, come annunciato dal candidato stesso. Campagna poi ripresa, ma con giubbotto antiproiettile e protezione rafforzata.

Petro con Francia Márquez

A contendersi la presidenza – viene eletto al primo turno chi ottiene il 50% +1 dei voti, altrimenti i due più votati andranno al ballottaggio il 19 giugno – sono sei candidati. Non ci sarebbero sorprese, come indicano tutte le rilevazioni da tempo, se a vincere fosse Petro, economista 62enne e leader del Pacto Histórico, coalizione di sinistra che guida in ticket con Francia Márquez, leader sociale afrocolombiana candidata alla vicepresidenza. È lei, in realtà, la vera novità: avvocata e femminista, strenua attivista in favore dei diritti umani e dell’ambiente, alle primarie di coalizione dello scorso marzo ha raccolto ben 800mila preferenze, piazzandosi addirittura al terzo posto in assoluto.

Tra le proposte principali di Petro, ex guerrigliero del gruppo M-19 in gioventù, al terzo tentativo per la presidenza (nel 2018 arrivò secondo al ballottaggio), figurano la riforma agraria e la redistribuzione delle risorse naturali. Questioni centrali in un Paese profondamente diseguale dal punto di vista della distribuzione della terra, attorno alla quale si registrano continue vessazioni ai danni di contadini e indigeni da parte di gruppi paramilitari e grossi proprietari terrieri. Non a caso, come rilevato dall’ong di base a Ginevra Idmc (Internal Displacement Monitoring Centre), la Colombia conta ben 5,2 milioni di sfollati interni. Meno solamente di Siria e Congo. Petro, che punta anche sulla transizione energetica, sulla creazione di un ministero dell’Uguaglianza e sulla rappresentanza femminile al 50% nelle istituzioni pubbliche, spera nella vittoria al primo turno.

Petro e Gutièrrez

Chi ha più chances di sfidarlo in un eventuale ballottaggio è Federico “Fico” Gutiérrez, candidato per la coalizione di destra Equipo por Colombia con oltre due milioni di preferenze raccolte a marzo, dato per secondo dai sondaggi. Già sindaco di Medellín, Gutiérrez, il più giovane tra i candidati in corsa, punta tutto sulla lotta alla corruzione, sulla crescita economica e sulla sicurezza, argomento forte in un Paese stremato dalla violenza. Tra il 5 e l’8 maggio la Colombia è rimasta paralizzata dallo “sciopero armato” da parte del gruppo Autodefensas Gaitanistas de Colombia. Una reazione all’estradizione negli Stati Uniti del boss del Clan del Golfo Otoniel. Ma la violenza viene anche da militari e paramilitari: al 24 maggio, nel 2022 sono stati uccisi 78 leader sociali e 21 ex guerriglieri, secondo i dati della ong Indepaz.

Dietro, ai blocchi di partenza, si piazzano il 77enne Rodolfo Hernández, che propone di riformare il sistema giudiziario, e Sergio Fajardo, candidato del Céntro Esperanza. Completano l’elenco Enrique Gómez Martínez e il predicatore evangelico John Milton Rodríguez.

La Colombia, che conta circa 51 milioni di abitanti, si presenta alle urne in un clima di forte polarizzazione. Dopo le imponenti manifestazioni scoppiate nell’aprile 2021 contro la riforma fiscale e più in generale contro le politiche neoliberiste del governo Duque, la sinistra guidata da Petro e Márquez si propone come ventata di cambiamento, in un Paese dove 7,3 milioni di persone sono in sofferenza alimentare, secondo la Fao. La fine delle violenze sistematiche e la reale attuazione degli Accordi di pace firmati nel 2016, dopo oltre 50 anni di guerra civile, sono il corollario di una serie di riforme che la maggioranza più povera del Paese sudamericano aspetta da tempo.

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