Sugli affitti brevi e sugli obblighi di Airbnb a fornire i dati a fini tributari è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia europea, Seconda Sezione, lo scorso 27 aprile 2022. La Corte di Giustizia europea si è espressa sulla causa C 674/20, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte costituzionale del Belgio, con decisione del 26 novembre 2020, pervenuta in cancelleria il 10 dicembre 2020, nel procedimento avviato da Airbnb Ireland UC contro Région de Bruxelles-Capitale.

La Corte di Giustizia europea è intervenuta su una vicenda del 2017, quando l’autorità tributaria della regione di Bruxelles aveva chiesto a Airbnb, in merito agli affitti brevi, di comunicare le informazioni relative ai dati turistici in suo possesso. Airbnb quindi si era opposta e aveva presentato ricorso alla Corte costituzionale belga, in quanto la richiesta dell’Autorità tributaria di Bruxelles avrebbe violato le regole europee sulla libera prestazione dei servizi.

La Corte di Giustizia si è pronunciata in maniera chiara affermando che: una disposizione di normativa tributaria di uno Stato membro che impone agli intermediari – per quanto riguarda esercizi ricettivi turistici situati in una regione di tale Stato membro per i quali essi operano quali intermediari o svolgono un’attività di promozione – di comunicare all’amministrazione tributaria regionale, su richiesta scritta di quest’ultima, i dati del gestore e i recapiti degli esercizi ricettivi turistici, oltre al numero di pernottamenti e di unità abitative gestite nell’anno precedente, deve essere considerata inscindibile, quanto alla sua natura, dalla normativa di cui fa parte. Rientra pertanto nel “settore tributario”, che è espressamente escluso dall’ambito di applicazione della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000.

Aggiungendo inoltre che una normativa che impone ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento e dalle modalità della loro intermediazione, i dati in possesso del gestore, non contrasta con il divieto di cui all’articolo 56 TFUE.

La valenza di tale sentenza è rilevante perché ha smontato e fatto a pezzi la presunzione di Airbnb di una sua prerogativa a non fornire i dati relativi ai recapiti degli esercizi ricettivi turistici, oltre al numero di pernottamenti e di unità abitative gestite nell’anno precedente, elementi fondamentali ai fini tributari, relativamente, ad esempio, ai redditi percepiti dai gestori di b&b. Secondo Airbnb la richiesta di dati violava le regole europee sulla libera prestazione dei servizi. Ma la Corte di Giustizia europea ha dichiarato in maniera limpida che la legge belga, ma anche eventuali altri interventi legislativi in materia di affitti brevi da parte di altri Paesi membri, non è, e non sarebbe, contraria al diritto comunitario e ha quindi dato torto ad Airbnb.

Questa sentenza oggettivamente può avere un riverbero anche in altre nazioni europee in quanto nel diritto dell’Ue la direttiva sul commercio elettronico non si applica alle norme fiscali, che sono invece oggetto della vicenda di Airbnb.

A febbraio 2022 Airbnb ha dovuto versare 70 mila euro al Comune di Roma che aveva fatto ricorso alla Corte dei conti. Questo perché nel 2020 Airbnb e Roma Capitale avevano stipulato un accordo per ricevere la tassa di soggiorno e la comunicazione dei dati sulle locazioni. Roma aveva effettivamente ricevuto poco meno di 6 milioni di tasse di soggiorno, ma, guarda caso, non i dati per verificare se quel versamento corrispondesse effettivamente al flusso turistico gestito da Airbnb. Roma Capitale si era rivolta alla Corte dei conti e Airbnb era stata costretta ad ammettere di aver fatto, guarda caso, un errore di calcolo sul versamento effettuato.

Si tratta di pronunce importanti tenuto conto del rilievo che ha il settore degli affitti brevi e le sulle ricadute sui centri storici e sulla riduzione dell’offerta di locazioni di lunga durata. B&b che in Italia non hanno alcuna limitazione, sostenuti da una flax tax applicata ai redditi dei proprietari fino a quattro appartamenti utilizzati come b&b.

Infine segnalo che è stato bocciato un emendamento del senatore di Massimo Mallegni (Forza Italia) al decreto-legge 21/2022, recante misure per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina: avrebbe fissato un tetto dell’8% alle commissioni che le piattaforme come Airbnb e Booking fanno pagare agli alberghi, quindi su una materia di natura privatistica quali i contratti commerciali tra le parti, passibile, se approvato, di ricorso alla Corte di Giustizia europea.

E’ tempo di una normativa adeguata sugli affitti brevi anche in Italia nel solco di quanto già vigente in altri paesi dell’Unione europea.

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