Rivedere i trattati dell’Unione europea, compreso il sistema di voto all’unanimità. È la linea tenuta dalla presidente della Commissione Ursula von Der Leyen e dal presidente francese Emmanuel Macron durante la celebrazione della Giornata dell’Europa. Oggi 9 maggio sono state presentate le 49 maxiproposte elaborate durante l’esperimento di democrazia diretta che ha visto coinvolti tutti gli Stati Ue. Dalle assemblee è emersa la richiesta di “modificare i trattati”, ora sostenuta con forza sia da von Der Leyen che dallo stesso Macron, all’indomani del veto dell’Ungheria che ha nuovamente bloccato il via libera al sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’idea di una revisione dei trattati e del superamento dell’unanimità è stata sostenuta anche dal presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ma un gruppo di 13 Paesi Ue ha già sottoscritto un non-paper (documento informale) e si è schierato contro: “Sarebbe sconsiderato e prematuro”.

Alla cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa, Macron ha detto che intende intavolare una discussione già nel prossimo Consiglio europeo di giugno. “La sfida che ci ponete è essere efficaci, significa agire rapidamente, in maniera compatta, non lasciando indietro nessuno e di fronte a questo occorrerà rivedere le regole. E vorrei dire che una delle strade di riforma è la convocazione di una convezione per la revisione dei trattati. Si tratta di una proposta del Parlamento europeo che io approvo, sono favorevole“, ha affermato Macron, che ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. Il presidente francese, come prima di lui anche von der Leyen, ha spinto sull’importanza che siano modificati i meccanismi di decisione. “Le avanguardie, le opinioni diverse sono sempre state il volano della crescita dell’Europa, ma negli ultimi anni penso che la necessità di decidere a 27 abbia rallentato questo impegno”, ha detto il presidente francese. “I capi di Stato e e di governo non si riuniscono mai come eurozona, e questo è sbagliato. L’Europa a più velocità esiste già. Non dobbiamo escludere nessuno ma non dobbiamo neanche lasciare che pochi blocchino tutto”.

Von der Leyen poco prima aveva sostenuto la proposta arrivata anche dagli stessi partecipanti alla Conferenza: “Sarò sempre dalla parte di coloro che vogliono riformare l’Ue per farla funzionare meglio“, ha dichiarato, indicando di voler lavorare in questa direzione “senza tabù e senza alcuna linea rossa ideologica”. “Ho sempre sostenuto che il voto all’unanimità in alcune aree chiave” della politica europea “semplicemente non ha più senso se vogliamo essere in grado di muoverci più velocemente”. L’unanimità prevede l’accordo da parte di tutti gli Stati membri dell’Ue ed è una delle regole di voto vigenti nel Consiglio europea. Il Consiglio deve votare all’unanimità quando prende decisioni che riguardano una serie di settori strategici, previsti dai trattati. Tra questi ci sono ad esempio il fisco, la sicurezza sociale, la politica estera e di sicurezza comune, l’adesione di nuovi Stati membri. Già il trattato di Lisbona nel 2009 ha aumentato il numero dei settori in cui è previsto il voto a maggioranza qualificata.

Il 3 maggio scorso nel suo discorso a un’aula di Strasburgo semivuota il premier italiano Draghi aveva già aperto alla revisione dei trattati per far fronte a una situazione di emergenza come la guerra in Ucraina. “Le istituzioni europee hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi davanti”, aveva detto il presidente del Consiglio. “Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico”. E se “ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia”, aveva aggiunto Draghi. Ma la richiesta del premier italiano era stata soprattutto quella di “superare il principio dell’unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata”.

“Naturalmente ci sono diverse opinioni tra gli Stati membri, ed ecco perché ho detto che se vogliamo andare avanti verso la Convenzione dobbiamo definire il quadro per il processo, devo mettere in piedi questo quadro. Su questo avremo una discussione a giugno”, ha sottolineato sempre Macron durante la cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa. Infatti, un gruppo di tredici Paesi europei – Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia – si oppone alla modifica dei trattati europei. Avviare un processo per cambiare i trattati rischierebbe “di togliere energia politica all’importante compito di trovare soluzioni alle domande dei cittadini” e “alle sfide geopolitiche urgenti che l’Europa deve affrontare”, scrivono le capitali nel non- paper.

Nel documento congiunto i 13 Paesi definiscono la Conferenza sul futuro dell’Europa “un esercizio democratico senza precedenti” ma ricordano che “la modifica dei Trattati non è mai stata uno scopo della Conferenza” e “ciò che conta è affrontare le idee e le preoccupazioni dei cittadini”. “Le idee presentate dovrebbero meritare un serio seguito” e “non dovrebbero essere strumentalizzate per servire speciali interessi istituzionali”, scrivono le capitali, precisando che “ciascuna istituzione” europea seguirà “le proprie regole procedurali” e “le regole concordate della Conferenza”. “Ricordiamo inoltre che ogni decisione sarà presa nell’ambito della ripartizione delle competenze” delle diverse istituzioni Ue “stabilita dal trattato e nel pieno rispetto di principi cardine quali sussidiarietà e proporzionalità“, si legge ancora nel non-paper. “Sebbene non escludiamo alcuna opzione in questa fase, non supportiamo tentativi sconsiderati e prematuri di avviare un processo di modifica dei trattati”, evidenziano ancora i Paesi, secondo i quali “la gestione delle crisi da parte dell’Ue negli ultimi anni – inclusi il Covid e l’aggressione della Russia contro l’Ucraina – ha mostrato chiaramente quanto l’Ue può portare a compimento nell’ambito dell’attuale quadro dei trattati. L’Ue ha agito rapidamente e ha implementato soluzioni comuni ed efficaci. Abbiamo già un’Europa che funziona. Non abbiamo bisogno di affrettarci in riforme istituzionali per ottenere risultati”, conclude il documento.

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