In Italia – per fortuna – non è la prassi, ma in molti Paesi non è affatto raro trovarsi a fare i conti con militanti anti-scelta davanti a consultori, ospedali e cliniche che garantiscono il diritto all’aborto. Si urlano slogan datati e violenti, dai motivi tendenzialmente religiosi, spesso si ostacola fisicamente l’ingresso delle donne presso gli edifici dove verrà effettuata l’interruzione volontaria di gravidanza. Non c’è da sentirsi troppo fortunate, però, a essere italiane, perché sebbene non si tratti di una presenza fisica (con le dovute preoccupanti eccezioni), quello di chi vuole abortire nel nostro paese non è certo un percorso esente dal paternalismo anti-scelta.

Manifesti contro l’aborto tappezzano le nostre città autorizzati dalle istituzioni politiche, volantini degni del miglior Tarantino periodicamente compaiono presso le strutture pubbliche che dovrebbero non solo garantire il diritto all’aborto, ma anche un’informazione corretta, scevra da giudizio, gentile; infine, come dimenticare l’obiezione di coscienza che, un po’ come il portavoce del movimento Pro-Vita di Voghera (che qui sostituisce la più celebre casalinga), ci sbarra l’accesso all’Ivg come se potesse decidere sul nostro corpo a suo piacimento.

In questo quadro sconfortante, una buona notizia arriva dalla Spagna. Da pochi giorni, infatti, il Senato spagnolo ha approvato una modifica al Codice Penale che dichiara illegale e punibile qualsiasi intralcio – molestia o intimidazione che sia – a chi si reca in una clinica per abortire. “Pregare non è un crimine”, hanno tuonato gli anti-choice, ma qui continuiamo a perdere di vista un punto fondamentale: il diritto ad avere una convinzione non può corrispondere a una sua imposizione, soprattutto se quel credo non riguarda un fatto oggettivo, ma una sua interpretazione in ottica religiosa. Se volete chiamare “persona” un agglomerato di cellule di 2 grammi e 2 centimetri, fatelo. Non sappiamo più come rendere chiaro, però, che questa visione non appartiene a chiunque, che non è accettabile né dal punto di vista scientifico, né sociale, né tantomeno delle singole soggettività.

Il diritto all’aborto esiste per garantire la salute e il benessere delle donne e ovviamente la loro autodeterminazione. Se è costantemente minacciato e giudicato immorale, compito dello Stato è proteggerlo e questa è la strada scelta dal governo spagnolo. Una strada laica, l’unica possibile per rispettare tutte le posizioni. Questo fatto dimostra quanto sia stantia la risposta che danni ci diamo, alla Marzullo, quando ci chiediamo come mai l’aborto in Italia sia ancora marchiato come un tabù anzi, peggio, come una colpa: è l’influenza della Chiesa, ci diciamo.

Ebbene, se è vero che ospitiamo il Papa in casa nostra, è altrettanto vero che la Spagna non è certo il paradiso dell’ateismo: quasi il 70% della popolazione si dichiara cristiano-cattolica. Che si fa, quindi? Si conformano le leggi alla religione di maggioranza? Impossibile. Tolleranza zero per chi minaccia i diritti delle donne, non importa quali siano le presunte motivazioni. Se per togliersi di torno il Pro-vita di Voghera davanti alla clinica basterebbe una legge come quella spagnola, occorrerebbe invece uno smantellamento dell’intera sanità pubblica italiana per disintossicarla da tutte le narrazioni colpevolizzanti e moraliste che Vaticano & co. hanno riversato sulle donne che decidono di abortire, su pazienti che vorrebbero scegliere di morire, sulle famiglie “non-tradizionali” che chiedono di essere riconosciute come tali, sulle identità transgender e non binarie.

Mi si chiede se questa nuova legge spagnola non sia liberticida. Liberticida è chi soffoca i nostri diritti e decide sui nostri corpi e le nostre identità. Se per gli anti-scelta la libertà consiste nel molestare donne e ragazze fuori dalle cliniche, mi spiace per loro. Il consiglio è di mettere il naso fuori di casa, anche dalla finestra va bene, respirare un po’ di femminismo e rendersi conto che libertà è molto, molto di più.

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