Ci sono pochi giorni per trovare l’intesa sul fisco. La data del confronto tra i leader di centrodestra di governo e Mario Draghi non è ancora fissata, ma già mercoledì in commissione dovrebbe essere votato il mandato al relatore sulla delega. Che rischia di far vacillare l’esecutivo. Nella rissa di mercoledì sera in Parlamento si è toccato l’apice della tensione tra i partiti che, con le amministrative in avvicinamento, cercano di issare le loro bandiere anche a scapito della stabilità di governo. Tanto che, nei corridoi di Montecitorio, diversi parlamentari che sostengono l’esecutivo parlano di una ormai “ex maggioranza”. La road map delle riforme cara a Draghi in chiave Pnrr è rallentata: al Senato non è nemmeno iniziato il voto sulla concorrenza, alla Camera si cerca ancora un’intesa sul filo sul Csm.

Tornando al fisco, non è bastato il messaggio inviato da Palazzo Chigi a Lega e Forza Italia – sulle barricate per “difendere” a loro detta casa e risparmi – in cui si ribadisce come il governo non abbia mai avuto intenzione di aumentare l’imposizione fiscale. Matteo Salvini – a Palermo per un udienza del processo Open Arms – procede a testa bassa: “Mi fa piacere che Draghi a parole dica ‘non voglio aumentare le tasse’, ma la Lega e il centrodestra non possono votare un documento dove c’è scritto che potranno aumentare“. Il riferimento è al rischio, tutto teorico, che con il passaggio al modello duale le cedolari esistenti su affitti (10% e 21%) e Bot (12.5%) possano salire. Ma gli emendamenti riformulati dal Tesoro già precisano (per quanto riguarda il catasto era già scritto nella versione iniziale) che dalla riforma “non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall’applicazione della legislazione vigente”.

Il leader leghista, insieme a Forza Italia, pretende che i pareri delle commissioni parlamentari sui decreti attuativi della delega siano vincolanti, una clausola di salvaguardia per impedire – è la tesi – che in futuro “una manina” inserisca gli aumenti di tasse che l’attuale governo esclude categoricamente. L’istituto della legge delega, è però la replica del governo e del relatore Luigi Marattin, non può prevedere pareri vincolanti. Salvini per perorare le sue ragioni è pronto a salire al Colle. Una linea dura che si scontra con l’appello all’unità fatto da Draghi a fronte della guerra in Ucraina.

La prossima settimana, da martedì in poi (lunedì il presidente del Consiglio sarà ad Algeri), Draghi riceverà a Palazzo Chigi Salvini e Antonio Tajani, per l’ultimo faccia a faccia prima di tirare le fila. La riforma del catasto, unico articolo della delega già votato in commissione Finanze, è intoccabile. E non ci sono margini per rendere vincolanti i pareri consultivi del Parlamento. Dietro le quinte si lavora ad un possibile punto di caduta su un’altra richiesta “imprescindibile” di Lega e FI, la tutela delle cedolari su “case e risparmi”. Ma il terreno è scivoloso e l’incidente è dietro l’angolo. Di qui, l’ipotesi, sempre più concreta, della fiducia, che FI chiede di mettere da parte.

Se il Movimento 5 Stelle sta alla finestra (pur sempre dicendo con lo stesso Giuseppe Conte “No a nuove tasse”), nel Pd è tangibile la preoccupazione per una possibile crisi di governo e il segretario Enrico Letta parla apertamente di “propaganda“. “Se c’è qualcuno che sta cercando di far cadere governo va cercato a destra. Salvini che difende il cittadino da noi cattivi è una balla gigantesca, costruita ad arte per evitare che si parli di Putin“, secondo il segretario. “Gli unici aumenti che subiamo e rischiamo di subire hanno un solo responsabile, Putin e la sua guerra”. Il ministro Andrea Orlando sembra offrire una sponda per il dialogo, definendo “non alla portata” la proposta della Cgil di una sorta di patrimoniale di guerra: “Bisogna essere realisti e fare proposte che siano praticabili”, considerate “le scene della commissione Finanze dell’altra notte”.

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