Contrarietà, netta, all’invio di armi in Ucraina. E, al contempo, critiche al presidente del Consiglio, Mario Draghi – oltreché per la decisione sugli armamenti mandati al governo guidato da Volodymyr Zelensky – anche per la “frettolosa e imperativa richiesta di far entrare l’Ucraina nell’Unione europea“. A prendere posizione rispetto alle scelte dell’esecutivo italiano legate alla guerra tra Mosca e Kiev è stato il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, dal palco del congresso dell’Associazione nazionale partigiani.

Pagliarulo, all’inizio del proprio intervento, ha voluto chiarire che l’Anpi “non è una caserma, al nostro interno ci possono e ci devono essere opinioni diverse, si chiama democrazia e ne siamo orgogliosi”. Detto questo, ha precisato, “in tanti hanno condannato l’invio di armi, ma solo noi siamo stati al centro delle polemiche. Vogliono fomentare contrasti tra partigiani? Hanno capito male, siamo più uniti che mai”. Senza citarlo, poi, Pagliarulo ha fatto riferimento al Papa: “Abbiamo registrato con piacere autorevolissime voci contro il ciclopico aumento delle spese militari in partiti che alla Camera hanno votato a favore”.

Da qui la duplice critica a Mario Draghi. Perché da una parte “preoccupa l’impegno assunto dal presidente del Consiglio per l’ulteriore invio di armi e soldati”; e dall’altra preoccupa “la frettolosa e imperativa richiesta di far entrare l’Ucraina nell’Unione europea“, che potrebbe “seminare tensioni in tanti Paesi, dei Balcani e non, che da anni hanno avanzato la loro candidatura”. Sul primo punto, ha spiegato Pagliarulo, “l’invio di armi da parte di Paesi non belligeranti a un Paese belligerante, ancorché per difendersi giustamente da un’invasione, può essere interpretato dal Paese invasore come un atto di co-belligeranza e comunque alza ulteriormente il livello della tensione internazionale”.

Infine, il chiarimento sulla posizione dell’Anpi per quanto riguarda l’invasione di Vladimir Putin, definita “irrevocabile”. Tuttavia, ha aggiunto Pagliarulo, “dobbiamo cercare di capire il contesto e le cause che hanno prodotto la situazione attuale, non per giustificare ipocritamente l’intervento russo ma per porre all’ordine del giorno questioni capitali: nuovo ordine mondiale, sistema di difesa collettiva, cooperazione, coesistenza pacifica”. In questo senso “è un errore minimizzare la recente storia ucraina, dalle formazioni naziste ucraine alla Crimea, al Donbass, alle interferenze russe, al ruolo di Unione europea, Nato e Stati Uniti. A tutto quello che è successo a Est negli ultimi 20 anni. Sbaglia chi guarda l’albero ma non vede la foresta”.

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