di Giuseppe Castro

Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas? È il titolo di una celebre conferenza di Edward Lorenz, che nel secolo scorso fu tra i primi a comprendere e a studiare come eventi apparentemente irrilevanti possano portare, a distanza di mesi o anni, a conseguenze inizialmente inimmaginabili. Questa “ipersensibilità” alle condizioni iniziali, nota come effetto farfalla, è applicabile a tutti i sistemi complessi, come il clima o il mercato azionario, incluso il sistema più complesso fra tutti: la società umana. La comprensione della storia e dei fenomeni umani si traduce di conseguenza nella ricerca di tutti quegli avvenimenti, apparentemente di secondaria importanza che, come il batter d’ali di una farfalla, hanno portato a conseguenze capaci di cambiare per sempre il corso delle vite di milioni di persone.

Se vogliamo realmente comprendere cosa succede in Europa Orientale, capire l’origine di questo enorme tornado che si sta abbattendo su Ucraina e Russia e indirettamente su tutta Europa, è quindi indispensabile individuare quelle farfalle che, venti o trent’anni fa, col loro battito d’ali, hanno dato il via a quella catena di eventi che ci ha portato fino a questo presente. Beninteso, questo approccio non è esente da rischi, perché non tutto quello che potremmo scoprire potrebbe piacerci. Ad esempio, ci si potrebbe rendere conto che, sebbene la crisi militare (il tornado) sia stata scatenata dalla Russia di Putin, alcune delle cause più remote (il battito d’ali delle farfalle) sono da ricercare anche a casa nostra, in Occidente.

Una società democratica sana dovrebbe essere sempre aperta al pensiero critico, utile non solo a trovare gli spunti necessari a superare la crisi attuale ma anche ad evitare che gli stessi errori si ripetano in futuro. Sarebbe stato quindi auspicabile un dibattito pubblico all’altezza della situazione in cui ci troviamo. Le principali testate televisive e giornalistiche stanno, al contrario, fornendo un quadro a dir poco desolante dell’informazione italiana. Quasi vi fosse timore di andare oltre una narrazione manichea della guerra, varie trasmissioni limitano con maniacale accuratezza l’analisi delle mille sfumature del conflitto e la sua contestualizzazione negli avvenimenti degli ultimi trent’anni.

Cercare di capire le ragioni del nemico, Dio ce ne scansi, non è nemmeno preso in considerazione. Anzi, in una sorta di neo-Maccartismo all’italiana, si è finito per considerare filo-Putin chiunque abbia cercato di approfondire la narrazione della guerra, finendo con l’epurare alcuni commentatori chiacchieroni (Di Cesare e Orsini) e far scomparire dal video il corrispondente Rai da Mosca, reo di aver spiegato il punto di vista russo sul conflitto (ciò fare quello per cui è pagato). Sulle colonne di Repubblica è stata pubblicata persino una surreale (nonché gravissima) lista di proscrizione a cura di Gianni Riotta.

Tutto ciò è quantomeno avvilente. Come si può pretendere di formare un’opinione pubblica consapevole se il servizio pubblico e le principali testate giornalistiche impediscono una discussione approfondita sulle cause del conflitto? La missione profonda del giornalismo, essere il cane da guardia della democrazia, si dovrebbe attuare spiegando e rispiegando al pubblico cosa succede e perché, così da creare un’opinione pubblica capace di influenzare opportunamente i suoi rappresentanti in parlamento nei prossimi anni e alle prossime elezioni. Accendendo la tv e leggendo alcuni giornali sembra invece che un’opinione pubblica datata di spirito critico faccia non poca paura. Così l’ascoltatore desideroso di capire cosa succede si deve accontentare di un dibattito infantile, ridotto alla libertà di esprimere pensier(in)i di pseudo buon senso, per giunta preconfezionati dall’alto. E la complessità del nostro mondo si trasforma in una lotta dei buoni contro i cattivi.

Perché si ha paura del “battito d’ali delle farfalle”? Ai posteri l’ardua sentenza.

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