di Giuseppe Castro

Putin ha iniziato l’invasione dell’Ucraina pensando di poter sostituire il governo legittimamente eletto con uno a lui fedele nell’arco di poche ore o giorni. I suoi calcoli sono risultati errati e ora la Russia rischia seriamente di rimanere impantanata in una guerra lunga e onerosa. Merito senza dubbio di Zelensky e del suo governo, riuscito a ricompattare con intelligenza il popolo e l’esercito ucraino e ad attrarre la simpatia dell’opinione pubblica europea e americana.

In assenza di un intervento armato esterno a suo favore (che non ci sarà), l’Ucraina è destinata a perdere la guerra con distruzioni e perdite di vite umane via via maggiori col proseguire del conflitto. Come salvare l’Ucraina dalla catastrofe, la Russia dall’isolamento e l’Europa da una crisi energetica che potrebbe durare anni? È un puzzle di difficile soluzione.

Tutti i contendenti (eccetto uno) hanno tanto da perdere dal conflitto. Nessuno di loro, però, può permettersi di tornare a casa con una sconfitta. Per l’Ucraina la sconfitta e l’occupazione militare russa si tradurrebbero nella perdita dell’indipendenza e della libertà per decenni o secoli. Gli ucraini lo sanno e per questo stanno coraggiosamente combattendo una guerra persa in partenza. Putin non può nemmeno ipotizzare di concludere il conflitto con una sconfitta: ogni autocrate che si rispetti ha sì potere illimitato, ma deve guidare il suo popolo verso il trionfo, altrimenti qualcun altro potrebbe pensare di prendere il suo posto alla guida della nazione. La storia è piena di dittatori malamente deposti dopo un fallimento politico e/o militare, e Putin lo sa bene.

L’Unione Europea si trova letteralmente tra l’incudine e il martello. Da un lato rischia la paralisi economica in caso di severe sanzioni verso la Russia, dall’altro non può che temere la sempre maggiore interferenza e aggressività russa ai suoi confini. La Cina, che osserva tutto in silenzio, vuole stabilità in Europa. La sua potenza è basata sulla sua capacità di penetrazione economica. La fine della globalizzazione, sancita dalle sanzioni alla Russia, ne minerebbe le basi. Putin gode per il momento dell’indifferenza cinese, ma questa non durerà per sempre. In ogni caso, la Cina non si straccerebbe certo le vesti di fronte a un indebolimento politico dei contendenti.

Occorre invece porre non poca attenzione al fatto che l’unica potenza che trae vantaggio dalla lenta e drammatica agonia dell’Ucraina sono gli Stati Uniti. Da più di qualche anno le sirene economiche russe e cinesi avevano portato i partner europei lontano dagli interessi americani. La crisi militare ha riportato improvvisamente (e inaspettatamente) i paesi Ue al capezzale Usa. Un’aggressiva presenza russa ai confini dell’Unione Europea e la brutta fine dell’Ucraina permetterebbero agli Usa di assumere nuovamente quel ruolo di leadership che appariva sempre più appannato. Gli spauracchi veri o presunti sono sempre stati un ottimo collante e gli Usa lo sanno benissimo.

Qualsiasi sia la strategia per interrompere rapidamente il conflitto (sempre che esista), un aspetto appare chiaro: gli unici ad avere realmente interesse a trovare una soluzione pacifica di lungo termine siamo noi europei, ivi includendo gli ucraini e i russi. La soluzione, se esiste, deve mettere in conto una via d’uscita onorevole per la Russia (Putin deve tornare in patria, almeno formalmente, da vincitore) garantendo al contempo l’indipendenza e la salvaguardia dell’Ucraina. Ma è evidente che la soluzione può essere trovata all’interno delle cancellerie europee. Le uniche proposte Usa, le sanzioni, stanno portando esclusivamente a un’escalation politico-diplomatica inutile e dannosa. Per noi europei questa potrebbe essere un’occasione unica e irripetibile per affermare la nostra identità sovranazionale. Se dovessimo fallire rischiereremo seriamente di non avere una seconda possibilità per essere protagonisti di questo secolo.

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