L’invasione russa in Ucraina sembra trasformarsi, ogni giorno che passa, sempre di più nella campagna solitaria di Vladimir Putin. Mentre continua a rivendicare il Paese come proprietà russa, a sostenere che la sua è una guerra contro la “banda di nazisti drogati” che ha in mano il governo di Kiev e che vittima delle minacce altrui è in primo luogo la Federazione, al momento manca chi alle sue parole ha deciso di offrire sostegno. Non risultano immagini di manifestazioni a favore della guerra o a favore del presidente russo. Non risultano nemmeno personalità di spicco esterne alla politica russa apertamente schierate a favore dell’invasione. Non è la guerra della Russia, ma la guerra di Putin. E il silenzio, quando non diventa aperto dissenso, degli oligarchi, è indicativo dell’irritazione che circola tra i magnati russi per le dure sanzioni alle quali anche loro verranno sottoposti finendo per essere colpiti nel portafoglio, ciò che gli è più caro. Intanto, mentre in patria migliaia di persone sono scese in strada subendo la repressione delle forze di sicurezza del Cremlino, nelle piazze europee si vedono cittadini russi sfilare fianco a fianco agli expat ucraini in sostegno a Kiev. Senza dimenticare gli appelli alla pace degli sportivi e addirittura di familiari di un fedelissimo di Putin come il suo portavoce Dmitrij Peskov. Nessuno, finora, ha invece preso la parola per sposare la campagna militare premeditata del presidente russo.

Il silenzio delle élite – L’elemento più importante da analizzare riguardo al consenso nei confronti delle azioni del presidente russo è certamente l’umore dei miliardari russi, in patria e soprattutto all’estero. Le dure sanzioni economiche imposte da Unione europea, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada colpiranno soprattutto i magnati, le loro proprietà fuori dalla Russia, i loro conti e le loro attività economiche. Secondo una stima fatta da Forbes, dopo il crollo del rublo i miliardari russi hanno “perso” più di 126 miliardi di dollari di ricchezza dal 16 febbraio scorso. Un’enormità. E chissà se non debba essere considerato un segnale il fatto che alla convocazione al Cremlino da parte del presidente alcuni di loro fossero assenti, compreso Roman Abramovich. Proprio il nome del proprietario del Chelsea, dopo essersi dimesso dalla presidenza del club, è ricomparso tra i nomi coinvolti nel tentativo di intavolare colloqui di pace. La sua presenza, però, è stata richiesta dalla delegazione di Kiev.

Il primo dissenso degli oligarchi – Il primo a prendere posizione ufficiale è stato Michail Fridman che ha definito una “tragedia” e un “bagno di sangue” il conflitto aperto da Putin. Lo ha fatto in una lettera, pubblicata dal Financial Times, inviata allo staff londinese della sua proprietà di private equity LetterOne nella quale si è detto anche “convinto” che “la guerra non potrà mai essere la risposta”. Nato e cresciuto in Ucraina, i suoi genitori vivono a Leopoli: “Sono profondamente legato ai popoli ucraino e russo e vedo l’attuale conflitto come una tragedia per entrambi”, ha spiegato nella lettera. Dopo la breccia di Fridman, si sono sentite anche le voci di Oleg Deripaska, re dell’alluminio e considerato amico personale di Putin, che nel suo account Telegram ha scritto: “La pace è molto importante! Gli accordi vanno avviati al più presto”. “C’è una vera crisi, e abbiamo bisogno di veri gestori di crisi, è assolutamente necessario cambiare politica economica e porre fine a tutto questo capitalismo di stato”, ha aggiunto il miliardario. A differenza del 2014, quando sono state approvate le prime sanzioni in seguito all’annessione della Crimea, “non sarà possibile aspettare”, ha scritto ancora Deripaska, una delle 50 persone più ricche della Russia. E ha concluso sottolineando di aspettarsi “chiarimenti sulla politica economica per i prossimi tre mesi”. Il terzo indizio è arrivato da Anatoly Chubais, considerato il “padre” delle privatizzazioni degli anni Novanta: domenica pomeriggio, l’ex uomo di Eltsin, ha postato una foto di Boris Nemtsov, assassinato davanti al Cremlino sette anni fa. Senza dimenticare che la terzogenita di Abramovich, Sofia, in una Instagram story aveva scritto: “Lui (Putin, ndr) vuole la guerra con l’Ucraina, non i russi. La bugia più grande e di maggior successo della propaganda del Cremlino è che la maggior parte dei russi stia dalla parte di Putin”.

Gli arresti in piazza, sportivi e familiari – Intanto, oltre alle scuse fatte dal delegato russo russo al vertice sul clima dell’Onu Oleg Anisimov, le contestazioni in piazza si ingrossano, nonostante la sistematica repressione con fermi e arresti vada avanti dal primo giorno di guerra e abbia coinvolto ormai più di 6mila persone, secondo i calcoli del sito indipendente OVD-Infogruppo che si occupa della tutela dei diritti umani in Russia. Solo domenica sono state oltre 2.600 le persone fermate durante le proteste che si sono tenute in 51 città in tutto il Paese. Al momento, invece, non si hanno notizie di manifestazioni di sostegno all’iniziativa bellica di Putin, anzi diversi mezzi d’informazione hanno dato notizia di padri e madri di soldati spediti al fronte che non comprendono il motivo della guerra, ovvero delle rivendicazioni di Putin. Segnali. Come quello del tennista Andrey Rublev, che al termine del match vinto contro il polacco Hubert Hurkacz a Dubai ha scritto sulla telecamera “no war, please”. Elizaveta Peskova, figlia del portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, e sua madre Katerina Peskova, ex moglie di Peskov, hanno invece utilizzato il loro profilo Instagram per manifestare pubblicamente disapprovazione per l’invasione: la 24enne figlia di Peskov ha scritto in cirillico “NoAllaGuerra” (poi cancellandolo, ndr) mentre la madre ha postato l’immagine di un cuore con i colori della bandiera ucraina. E contraria si è detta anche Ayshat Kadyrova, primogenita del feroce uomo forte della Cecenia, Ramzan Kadyrov, fedelissimo di Putin nel Caucaso e impegnato in prima linea nell’invasione con i suoi uomini. Da Parigi, dove disegna modelli ispirati alla tradizione islamica, Kadyrova ha scritto via Instagram: “Nessuno vuole la guerra”.

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