Creme solari degli anni ’70 dimenticate in spiaggia dai turisti. Flaconi di detersivi per pulire i vetri con i prezzi in lire. Stecchini in plastica multicolore di vecchi gelati, come il Ghiacciolone. E di recente anche bottiglie colorate a forma di orsetto, che dall’Albania hanno attraversato il mar Adriatico. Questi sono solo alcuni dei rifiuti datati che compongono il museo virtuale di Archeoplastica. Dal 2018 Enzo Suma li raccoglie sulle spiagge del Brindisino e del Salento, per “dare loro una seconda vita e trasmettere un messaggio di sensibilizzazione sull’inquinamento da plastica sulle spiagge”. Negli ultimi mesi la collezione è stata esposta – con le foto di alcuni pezzi storici – in diverse mostre e festival in Puglia. Tra cui “Io scelgo il pianeta”, patrocinato da National Geographic e Rai documentari. Il progetto però è uscito anche dai confini regionali e raccoglie contributi e segnalazioni, con il suo profilo Instagram da oltre 35mila follower. Ora l’obiettivo di Archeoplastica è organizzare mostre ed eventi in tutta Italia.

Creme solari anni ’70, detersivi fuori commercio e bottiglie dall’Albania: “Con il mio museo di oggetti in plastica: “Li colleziono e denuncio l’inquinamento”

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Appassionato di Kitesurf e sport acquatici, Enzo Suma, 40 anni, lavora come guida naturalistica a Ostuni dal 2010. “Vivo in un posto bellissimo e sono molto legato al mare – racconta – Lo vivo anche d’inverno. In quel momento ti rendi conto che c’è un problema”. Da maggio infatti le spiagge si preparano ad accogliere i turisti estivi, quindi le amministrazioni comunali ne organizzano la pulizia. Nei mesi precedenti però sabbia e ciottoli sono invasi dalla plastica portata dalle mareggiate. “Io ho iniziato facendo come tutti: raccoglievo i rifiuti, li mettevo in un sacco e li differenziavo – spiega Suma – Una volta però ho trovato una bomboletta spray di Ambra Solare con il prezzo in lire. Era in ottimo stato. Senza etichette ma con le scritte stampate sopra, simili a un tatuaggio, come si faceva dagli anni ’60 agli anni ’80”. Proprio da quel primo pezzo è partito l’idea di Archeoplastica: “Ero affascinato da quel reperto archeologico, poi però è subentrata una nota amara: mi sono reso conto che era in giro nel mare da anni. Ho pubblicato una foto sul mio profilo Facebook e gli altri hanno avuto la stessa reazione nei commenti”.

All’inizio riconoscere le boccette e i contenitori più datati era una sfida: “Dovevo consultare i codici a barre. Mi aiutavano le persone a capire di che epoca fossero. Ora invece se ci fosse una laurea in archeoplastica sarei un professore”. I pezzi poi hanno poi iniziato ad accumularsi, in casa e in garage – insieme a raccolte specifiche di giocattoli, accendini, o puntali di ombrelloni rinvenuti sulle spiagge. Poi a febbraio dell’anno scorso, Suma ha deciso di raccogliere i fondi per realizzare un museo virtuale, per sollevare il problema della plastica: “Ho approfondito la tecnica della fotografia e i software per la riproduzione in 3d”. Al momento il sito ospita 60 oggetti, ma, grazie al lavoro quotidiano di raccolta e al contributo del suo seguito online, Enzo sta ampliando la collezione.

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