Destano preoccupazione le notizie che giungono sulla disputa russo-ucraina. Una degenerazione non solo metterebbe a rischio la stabilità e la pace del nostro continente ma avrebbe anche ripercussioni molto serie dal punto di vista economico. L’aumento dei costi dell’energia che già stiamo affrontando quotidianamente verrebbe ulteriormente aggravato da un simile conflitto che causerebbe un’ulteriore, esponenziale, impennata dei prezzi insostenibile per i cittadini. Con un’economia già molto provata dalla pandemia sarebbe davvero devastante affrontare l’ennesima emergenza.

Ma cosa ha fatto esplodere questa crisi? Una delle ragioni è legata all’energia. Da parte statunitense si vuole scongiurare il pericolo di legare la Russia all’Europa, di rendere il vecchio continente dipendente da Mosca sul piano energetico. Il gasdotto Nord Stream 2 (che creerà un percorso diretto tra Russia e Germania) è stato accolto poco favorevolmente oltre oceano. È poco noto, almeno tra i meno esperti di politica internazionale, che da sempre gli Stati Uniti cercano di esorcizzare un legame tra Mosca e Berlino. È altresì poco noto che da qualche anno gli Stati Uniti hanno individuato giacimenti di gas che stanno sfruttando alacremente, diventando un Paese esportatore di tale risorsa.

Ulteriore motivo dell’escalation è l’indisponibilità da parte russa di accettare che l’Ucraina entri nella Nato. Nell’opinione pubblica russa è molto marcata la “sindrome di accerchiamento” da parte dell’Occidente, una preoccupazione che ha un fondamento storico. Non va, infatti, dimenticato che dopo la caduta del muro di Berlino, durante i negoziati per l’unificazione della Germania, Gorbačëv ricevette dall’amministrazione Bush padre, nella persona del Segretario di Stato James Baker, la promessa che la Nato non sarebbe avanzata verso Est nemmeno di un “pollice”. Un’assicurazione che fu ribadita tre anni più tardi. Se oggi si osserva la cartina politica è evidente che tale promessa è stata disattesa e quindi è comprensibile il timore russo.

Dal punto di vista geopolitico, per i russi è inaccettabile che Kiev possa entrare nell’Alleanza atlantica. Proviamo a immaginare cosa succederebbe se i russi fossero in procinto di far aderire il Messico a una potente alleanza militare. In realtà non serve molta immaginazione, un precedente c’è stato: nell’ottobre del 1962 con la crisi dei missili a Cuba. Oggi assistiamo a uno scenario molto simile ma a posizioni invertite. Avere dei missili a medio raggio a poche centinaia di chilometri da Mosca è intollerabile per la Russia e le truppe dislocate da Putin sono lì a marcare una linea rossa che non può essere valicata.

Allo stesso tempo, però, bisogna tenere in considerazione la sovranità degli Stati e la libertà di scelta dell’Ucraina in relazione a una possibile adesione al Patto Atlantico. I cittadini ucraini non possono e non devono vivere sotto minaccia armata. L’Ucraina è un Paese già in serie difficoltà economiche e questa tensione, che sta allontanando gli investitori, sta aggravando ulteriormente la condizione dell’economia nazionale. Una possibilità per mediare tra due posizioni potrebbe essere quella di congelare per dieci o vent’anni l’eventualità di adesione, mantenendo la neutralità di Kiev, per poi valutare se e quando dovessero esserci le condizioni per un’adesione che non porti a esiti catastrofici, sia sotto il profilo economico che geopolitico.

Io non credo che la Russia, come del resto è stato più volte dichiarato dal Cremlino, voglia invadere l’Ucraina. Le conseguenze sarebbero devastanti e non convenienti per nessuno. Mi sembra, come anche detto dal Presidente ucraino Zelensky, che sia stato diffuso il panico soprattutto da parte dei mass media occidentali. Tuttavia c’è da ammettere che quando sono schierate così tante armi e così tanto personale militare tutto può accadere e, soprattutto, la degenerazione può essere rapidissima. Credo che la soluzione diplomatica della crisi sia ancora possibile ma rimane alta la diffidenza occidentale nei confronti di Mosca.

Perseguendo i loro interessi Stati Uniti e Russia soffiano sul fuoco ma è l’Europa quella che rischia di bruciarsi. Per questo l’Unione europea dovrebbe affidarsi esclusivamente alla strada della diplomazia, anche considerando che non è stata ancora raggiunta un’indipendenza militare, energetica e soprattutto politica – che speriamo possano essere conseguite in un futuro prossimo.

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